Questa piccola fotografia in formato 8,2 x 5,4 cm mostra un gruppo di militari sulla scalinata dell'edificio che al tempo era municipio e scuola.
Tra queste due parole impresse sopra la porta d'entrata c'è lo stemma del comune con le tre barche una sopra l'altra separate da due fasce.
La lettera, col titolo "Il buon cuore dei nostri soldati", è riportata nella rubrica "Lettere dal campo" su "Il Trentino" del 7 aprile 1915. Non indica il luogo dove fosse questo campo.
Federico Zuccatti è nato a Ciago (Trento) nel 1884, lì si è sposato nel 1920 ed è morto nel 1962.
Sua sorella Teresa aveva sposato Augusto Bressan di Sarche ed al tempo di questa lettera aveva 8 figli.
Trascrizione:
Zuccatti Federico da Ciago, riservista scrive dal campo ai suoi nipoti la seguente lettera:
Dal campo, 10 marzo.
Miei cari nipoti.
Io sto bene e così spero e desidero di voi tutti, anche della nonna, babbo e mamma. Avevo sempre intenzione di mandarvi un regaletto, che acquistai in dono il giorno del S. Natale, consistente in dolci, cioccolata e un poco di tè e zucchero, ma non ho mai avuto la comodità.
Il giorno 2 febbraio ci siamo fermati in un paese, abbiamo lasciato i nostri carri al piano e i cavalli abbiamo dovuto condurli in una stalla un quarto d'ora in su per la montagna, dov'erano stalle per metterli al caldo e al coperto. Nel ritornare trovai una povera donna bastonata e maltrattata dai russi, in uno stato compassionevole, madre di 6 teneri bambini, che non aveva niente, i russi le avevano rubato tutto e suo marito piangendo ci supplicava di aiutarla. Allora io corsi al mio carro presi il pacchetto, presi fuori il tè e lo zucchero, cioccolata e acquavite di quella che mi spedì la mamma e corsi in aiuto alla povera donna. Al più presto possibile feci il tè, glielo diedi da bere, poi le diedi un po' d'acquavita e cioccolata e contento vidi che appena preso il tutto stava meglio. Questa povera donna era stata nell'America del Sud e parlava bene lo spagnuolo e allora mi ringraziò del tutto e discorremmo un buon quarto d'ora, poscia la lasciai. Il giorno dopo andai di nuovo a trovarla e stava ancora meglio; il terzo giorno potè levarsi con comodità e volle venire a ringraziare il mio comandante e raccontargli tutto. Allora anche lui alla presenza di tutti i miei compagni mi ringraziò di questo atto caritatevole e mi donò subito una bottiglia di acquavita e mi disse: Tu da oggi innanzi sarai il cocchiere della mia carrozza; ed io gli dissi: Lo ringrazio, signor tenente, ma per questo non merito tanto; e lui di nuovo: Questo atto generoso deve essere ricompensato e tu sarai il mio cocchiere.
In questa maniera io andai molto meglio di prima: avevo due cavalli grandi e cattivi e avevo sempre lavoro e adesso invece ne ho due che sono come pecore e lavoro molto poco. E così anche voi, miei cari nipoti, siate buoni che certo sarete ricompensati.
Addio, miei cari nipoti, vostro zio
Zuccatti Federico.
L'indennità di guerra o credito di guerra, è una compensazione monetaria destinata a coprire i danni o le perdite subite durante una guerra.
La prima immagine (fronte) riporta l'intestazione del certificato. Tale documento tradotto spiega:
"La tesoreria centrale dello Stato di Vienna paga l'importo al proprietario in base alla legge del 30 ottobre 1917. R. G. BI. N. 419, emesso il 1° agosto 1926, per l'importo di mille corone. L'amministrazione statale si riserva il diritto di rimborsare, in tutto o in parte, i buoni del Tesoro al loro valore nominale prima del 1° agosto 1926, con preavviso di tre mesi. La disdetta verrà annunciata nella "Wiener Zeitung" ufficiale. Questa cambiale del Tesoro dello Stato frutta un interesse del 5,5% annuo: gli interessi vengono pagati posticipatamente senza imposte, tasse o altre detrazioni. I titolari delle cedole appartenenti a questo certificato del Tesoro dello Stato presso Staatszentralkasse a Vienna si estinguono nei confronti del capitale entro tre anni dalla scadenza. La prima scadenza il 1 agosto 1918, la seconda il 1 agosto 1926.
Gli interessi dal 1 novembre 1917 al 31 gennaio 1918 vengono pagati mediante liquidazione.
Vienna, 1 novembre 1917.
Tale obbligazione viene iscritta nel libro mastro generale del debito pubblico."
Carlo Zuccatti, classe 1910, qui immortalato in una foto ricordo in divisa militare, ha partecipato alle operazioni di guerra in Africa Orientale nel 1935-36.
Sul retro della foto la scritta "defunto" non si riferisce alla guerra, egli infatti è morto nel 1945 in un incidente stradale mentre rientrava in bicicletta da Trento a Ciago.
La sua partecipazione alle operazioni militari, con matricola n. 18149, è documentata in
Nata a Padergnone (TN) nel 1933, Anna Pedrini ci racconta i suoi ricordi di bambina in tempo di guerra.
Fra gli altri ricordi, rammenta qualche spezzone della canzone Lilì Marleene modificata in tempo di guerra; li riportiamo qui nella speranza che possano richiamare alla memoria di qualcun altro qualche altro pezzo e che lo voglia condividere con l'archivio.
"Svegliatevi milanesi, vengon gli inglesi
a bombardare la gran città...
Come son strani quei confettoni che buttan giù ..."
Nato a Padergnone (TN) nel 1940, Ezio Maccabelli ci racconta, esprimendosi in dialetto trentino, i suoi ricordi di bambino in tempo di guerra, quando i bambini, anche piccoli, giravano per il paese in autonomia o coi bambini più grandi.
Nel 1944 "Per fronteggiare la tremenda insidia della guerra, i Padergnonesi scavarono un rifugio antiaereo nella roccia viva del versante dei Caschi del "dos Padergnon", ricavato ad U e protetto da poderosi bastioni in calcestruzzo. Quando si avvicinava il pericolo, al suono a martello della campana dei caduti tutti quelli che avevano un po' di fiato in corpo vi si precipitavano, con il cuore in gola e spesso nel buio del coprifuoco."
Il testo citato, di Silvano Maccabelli, viene da pag. 3 di
Lo scatto mostra la sede del comando militare austriaco a Vezzano durante la prima guerra mondiale.
Accanto ad essa era presente il negozio di Valentino Tonelli.
La foto è incollata su cartoncino e quindi mancano eventuali informazioni desumibili dal retro.
Illustrazione tridimensionale "Da Val Giudicaria a Val Lagarina a Trento" raffigurante i luoghi del fronte italiano durante la prima guerra mondiale "Dove combattono i nostri soldati".
Sul retro timbro "cartoline illustrate G. Colantoni".
L'immagine è numerata 3102.
La fotografie ritrae Dallapè Bortolo e consorte in uno scatto del 1916.
L'uomo indossa la tipica divisa militare dell'Impero austro-ungarico, mentre la donna l'"abito della domenica".
Sullo sfondo la campagna con alberi da frutto.
Questo quaderno, dal formato è 15 x 20,5 cm, è composto dalla copertina e 8 fogli uniti da due punti metallici in centro, per un totale di 32 facciate a a righe da 8 mm con margini.
È stato scritto da Margoni Mario nel 1959/60 mentre frequentava la scuola popolare di Ciago.
Vi si trovano lezioni di matematica, contabilità, francese e italiano. Al suo interno sono conservate pagine, ritagliate da un altro quaderno, che riportano temi e lettere. Sono state scansionate e riportate qui le pagine ritenute di maggiore interesse.
Dello stesso è presente in archivio la certificazione rilasciata a fine anno scolastico:
Sul muro di cinta del cimitero di Brusino, a fianco del cancello d'entrata, rivolte alla strada, vi sono due lapidi di marmo con tettuccio che ricordano i caduti delle due guerre, non solo sul campo di battaglia, ma anche per malattie causate dalla guerra e per reperti bellici.
Sulla lapide di destra è inciso:
PACE
AI NOSTRI SOLDATI
CADUTI SUL CAMPO
1914-1919
FERRARI PIETRO - MICHELOTTI ALLEVIGLIO S.E
BERLANDA GIULIO - BAGATOLI GIUSEPPE
BERLANDA VIRGINIO - RUABEN SEVERINO
BERLANDA AGOSTINO - CHESANI SILVIO
BERLANDA ALBINO
*
SOLDATI MORTI DI MALATTIA CAUSA LA GUERRA
BERLANDA GIACOMO CHESANI SILVIO
BERLANDA GIOVANNI SPORTELLI MANSUETO
BERLANDA RODOLFO DORIGATTI GIUSEPPE
CHESANI LUIGI FRAVEZZI GIUSEPPE
CHESANI ARTURO PEDROTTI GIUSEPPE
I COMPATRIOTI GUERRIERI DI BRUSINO
O. M. P.
Su quella a sinistra:
PACE
AI NOSTRI SOLDATI E CIVILI
1940-1945
MARCANTONI GIOVANNI
MICHELOTTI IVO
CHESANI ALFREDO
*
MORTI A CAUSA REPERTI BELLICI
GUERRA 1915-18
BOTTES EMILIO + 7-2-1945
FERRARI ALFREDO
BOTTES MARIO
FERRARI PIERINO
+ 11-11-1918
Gli ultimi tre nomi incisi sono quelli degli sfortunati bambini
che, l’11 novembre 1918, morirono in seguito all’esplosione
di una cassa di munizioni abbandonata dall’esercito
austro-ungarico in fuga, che era stata messa dai piccoli
ignari sul fuoco.
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Bibliografia:
Fu eretto nell'anno del giubileo 1933-34 e riporta: "Cavedine in memoria dei suoi figli caduti in guerra e di quelli morti lontano dalla terra dei padri perché tutti qui vivano nell'affetto e nella prece [preghiera] dei fratelli".
Come recita il cartello posto sul luogo curato dagli alpini di Cavedine: "Il gruppo statuario, con la croce centrale, la Madonna piangente e l'Angelo consolatore, è opera del roveretano G. Ziglio."
L'ingrandimento in formato 29,7x21 cm, scansionato in questa occasione, rappresenta l'imperatore d'Austria-Ungheria Carlo I che passa in rassegna decorati di guerra, accompagnato dallo Stato Maggiore e dagli ufficiali del comando di Vezzano.
L'ingrandimento in formato 29,7x42 cm, scansionato in questa occasione, rappresenta la copia di un manifesto che ritrae combattenti e/o reduci di Cavedine e Madruzzo del periodo fascista.
L'ingrandimento in formato 50x70 cm, scansionato in questa occasione, mostra un gruppo di uomini in uniforme.
In basso a destra è presente una piccola descrizione: "Formazione militare con: Berteotti Albino, Giulio Dallapè, Berlanda, Pederzolli galiaz".
L'ingrandimento in formato 70x50 cm, scansionato in questa occasione, mostra un gruppo di soldati originari di Cavedine. In basso a destra si legge una piccola descrizione: "Formazione militare con Berteotti Domenico".
L'ingrandimento in formato 50x70 cm, scansionato in questa occasione, mostra il soldato Bortolotti ritratto a Pechino in uno studio fotografico il 9 ottobre 1918.
In seguito alle ricerche effettuate, possiamo ipotizzare che si tratti di Bortolotti Guglielmo (Cavedine, 1895-1973 - matricola 2632) e ricostruire una possibile sua storia. Partito per la Galizia (Ucraina occidentale) con l'esercito austro-ungarico, è poi finito prigioniero dei russi, che mandavano nel campo di Kirsanov, nella Russia sudoccidentale quelli di lingua italiana, anche se facevano parte delle truppe austro-ungariche. Nel 1917, in Russia scoppia una guerra civile che provoca la caduta dello zar e la presa del potere dei bolscevichi, è un periodo difficile per cui la vita nei campi di prigionia si fa sempre più dura tra feddo (anche -40°) e fame. A cavallo fra il '17 ed il '18 i prigionieri vengono trasferiti dapprima a Vladivostock, porto russo sulla costa del Pacifico, da dove una parte viene rimpatriata passando per gli USA, e poi in Cina, a Tientsin, dove a partire dall'inizio del '900 l'Italia aveva ottenuto un piccolo possedimento coloniale (dopo che gli occidentali avevano domato la rivolta dei boxer contro l'influenza colonialista straniera); anche se nel 1911-1912 era stata proclamata la repubblica e il Paese vedeva come un'intrusione queste concessioni agli occidentali, lì funzionava ancora un consolato italiano. In occidente nel frattempo cresceva la paura che la rivoluzione leninista bolscevica potesse uscire dai confini russi e, pertanto, si decise di inviare una missione militare a sostegno della controrivoluzionaria Armata bianca. L'Italia era piuttosto debole per cui costituì il corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente utilizzando 800 volontari, inquadrati in maniera formale come i “battaglioni neri”, fra cui il nostro Bortolotti, assieme ad alcune centinaia di uomini arrivati dall'Italia; mentre li si inquadrava militarmente, si cercò di farli riprendere dal punto di vista fisico e psicologico: vennero trattati bene e alimentati. Solo nel 1920 gli arruolati nel battaglioni neri poterono far ritorno a casa, via nave passando per il Mar Rosso.
Se sia davvero lui e come sia andata la storia personale del Bortolotti immortalato in questo scatto probabilmente lo sanno i suoi discendenti se ce lo vorranno raccontare.
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Le informazioni di contesto sono tratte da:
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, mostra una foto ricordo di un gruppo di uomini in piazza a Cavedine.
In particolare si può osservare l'uomo seduto al centro del gruppo che sembra indossare un'uniforme da ufficiale del Regio Esercito.
Sul retro è presente una descrizione che identifica gli uomini fotografati.
Nella fila più alta il quarto da sinistra verso destra è "Conti", segue "Doro Chesani" e il settimo è "Eccher da Vigo".
Sotto, in seconda fila c'è "conti molinèr", "Beppino Pedrotti", "Aldo Pasoli" (organista) e "Camillo Comai". Conclude la fila l'ultimo uomo sulla destra "Pederzolli da Stravino" (trasporti).
In prima fila, seduti da sinistra verso destra troviamo "Menton di Stravino" al terzo posto e a seguire "Trabatin Carabiniere".
La fotografia ritrae una formazione militare austriaca di Cavedine durante la prima guerra mondiale.
Gli uomini indossano la tipica divisa militare dell'Impero austro-ungarico.
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, porta la seguente descrizione: "Formazione militare con Binogegio Saverio Pasolli Riccardo zeriaca Cagol Valentino".
Cercando di interpretare il testo descritto e le informazioni presenti sulla fotografia, l'uomo in piedi a destra è "Cagol", mentre quello a sinistra è "Saverio Pasolli".
Sotto, da destra verso sinistra ci sono "Valentino", "Riccardo" di soprannome "zeriaca" e "Binogegio".
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, rappresenta un gruppo di uomini durante la consumazione del "rancio" ai tempi della guerra.
L'ingrandimento riporta anche la seguente descrizione: "consumazione del "rancio" fra i comp. il sia Conti Cornelio deceduto 2guerra Mondiale".