Roberto Zanella (1899-1965) con la moglie Guglielmina Paris (1896-1966) e i figli Candido (1921-1982) e Pio (1926-2022), di Covelo.
La foto è stata realizzata presso lo studio fotografico "G. Bruner & Co Trento Via Grazioli" come da marchio impresso sulla stampa in basso a destra.
Era questo il modo di portare con sé la famiglia durante le emigrazioni e di farla conoscere ai parenti lontani.
La stampa è fatta su cartoncino, pronta per essere spedita come cartolina, e misura 8,5 x 13,5 cm.
Foto in bianco e nero, dimensioni 9 x 6,5cm
Famiglia Miori (mamma Ida e 4 bambini) sul trattore di Renzo Berteotti a Padergnone alla pompa di benzina.
Si vedono le pompe di benzina "Shell".
Sulla facciata della casa si leggono le iscrizioni "panificio elettrico" e "autorifornimenti".
Video 1: Amerigo Pederzolli esegue la melodia mentre i nipoti lo ascoltano per impararla
Video 2: il nipote Andrea Pederzolli esegue la melodia completa. La melodia è fissata, ma è dato spazio anche a improvvisazioni sul tema.
Il campanò viene suonato alla vigilia della festa, nel pomeriggio, verso le 13.30 e i suonatori si scambiano tra loro con brevi pause fino alle 14.30.
Una volta la tastiera era in fondo al campanile e venivano agganciate lunghe corde che tiravano le campane (non il batacchio); sono ancora visibili infatti nella tromba delle scale del campanile i fori dove passavano le corde.
La lettera, col titolo "Il buon cuore dei nostri soldati", è riportata nella rubrica "Lettere dal campo" su "Il Trentino" del 7 aprile 1915. Non indica il luogo dove fosse questo campo.
Federico Zuccatti è nato a Ciago (Trento) nel 1884, lì si è sposato nel 1920 ed è morto nel 1962.
Sua sorella Teresa aveva sposato Augusto Bressan di Sarche ed al tempo di questa lettera aveva 8 figli.
Trascrizione:
Zuccatti Federico da Ciago, riservista scrive dal campo ai suoi nipoti la seguente lettera:
Dal campo, 10 marzo.
Miei cari nipoti.
Io sto bene e così spero e desidero di voi tutti, anche della nonna, babbo e mamma. Avevo sempre intenzione di mandarvi un regaletto, che acquistai in dono il giorno del S. Natale, consistente in dolci, cioccolata e un poco di tè e zucchero, ma non ho mai avuto la comodità.
Il giorno 2 febbraio ci siamo fermati in un paese, abbiamo lasciato i nostri carri al piano e i cavalli abbiamo dovuto condurli in una stalla un quarto d'ora in su per la montagna, dov'erano stalle per metterli al caldo e al coperto. Nel ritornare trovai una povera donna bastonata e maltrattata dai russi, in uno stato compassionevole, madre di 6 teneri bambini, che non aveva niente, i russi le avevano rubato tutto e suo marito piangendo ci supplicava di aiutarla. Allora io corsi al mio carro presi il pacchetto, presi fuori il tè e lo zucchero, cioccolata e acquavite di quella che mi spedì la mamma e corsi in aiuto alla povera donna. Al più presto possibile feci il tè, glielo diedi da bere, poi le diedi un po' d'acquavita e cioccolata e contento vidi che appena preso il tutto stava meglio. Questa povera donna era stata nell'America del Sud e parlava bene lo spagnuolo e allora mi ringraziò del tutto e discorremmo un buon quarto d'ora, poscia la lasciai. Il giorno dopo andai di nuovo a trovarla e stava ancora meglio; il terzo giorno potè levarsi con comodità e volle venire a ringraziare il mio comandante e raccontargli tutto. Allora anche lui alla presenza di tutti i miei compagni mi ringraziò di questo atto caritatevole e mi donò subito una bottiglia di acquavita e mi disse: Tu da oggi innanzi sarai il cocchiere della mia carrozza; ed io gli dissi: Lo ringrazio, signor tenente, ma per questo non merito tanto; e lui di nuovo: Questo atto generoso deve essere ricompensato e tu sarai il mio cocchiere.
In questa maniera io andai molto meglio di prima: avevo due cavalli grandi e cattivi e avevo sempre lavoro e adesso invece ne ho due che sono come pecore e lavoro molto poco. E così anche voi, miei cari nipoti, siate buoni che certo sarete ricompensati.
Addio, miei cari nipoti, vostro zio
Zuccatti Federico.
La Vicinia Donego è un'associazione secolare di cui facevano parte (e ne fanno parte tuttora i discendenti) le antiche famiglie di Vigo Cavedine (i cognomi: Bolognani, Comai, Cristofolini, Eccher, Galetti, Lever, Luchetta, Manara, Merlo, Turrina e Zambaldi). L'origine della Vicinia si perde nella notte dei tempi, tra storia e leggenda, ed è il frutto di un lascito documentato da alcune pergamene a partire dal 1332. Si narra che la contessa Cubitosa d'Arco (1236-1266), in fuga dal cugino Odorico che voleva appropriarsi dei suoi beni, fu aiutata da alcune famiglie di Vigo mentre si dirigeva a Trento. Come ringraziamento per l'aiuto ricevuto lasciò in eredità ai discendenti delle antiche famiglie, chiamati Vicini (abitanti autoctoni), un'ampia porzione di montagna in località Donego, in gran parte bosco oltre a prati e una malga da utilizzarsi come bene allodiale esclusivo per quelle famiglie. La Vicinia esercita questo diritto ereditario, nel rispetto delle vecchie regole, da ben 700 anni.
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Un numero della rivista Retrospettive è stato dedicato a questa tematica:
Fotografia ricordo nel giorno del battesimo di Carmen Dallapè, primogenita di Giulio Dallapè e Agnese Bridarolli il 26 giugno del 1932.
Presente la madre di Giulio, Maria Berteotti e la levatrice dell'epoca detta "comàre".
La fotografia ritrae una famiglia Dallapè di Stravino davanti al sagrato della chiesa. Gli autori dello scatto potrebbero essere stati i fratelli Dallapè Giulio e Celeste.
Maria Cappelletti, ormai di salute cagionevole, scrive per l'ultima volta alla figlia Olga che risiede a Rovereto, usando una delle vecchie cartoline che lei raccoglieva. Era il 5 gennaio 1965. Si sposterà poi a Rovereto, prima dalla figlia e poi in ospedale dove morirà il 15.5.1965.
Maria Faiota scrive alla nipote Alberta. Decide di firmarsi "la tua nonna brontolona". Da questo, come riportano anche le nipoti, possiamo cogliere come Maria fosse molto "rigida" e attenta all'educazione delle figlie e delle nipoti, non mancando mai di affetto e simpatia nei loro confronti.
Maria Cappelletti tiene nelle braccia il piccolo nipote Romano (1937) figlio di Modesta, sua figlia. Al centro l'altro nipote Luigi (1932) che ha 5 anni appena.
I bambini vivevano a Covelo con la nonna mentre le madri lavoravano via.
La foto è una ristampa del 1970 da negativo di una foto scattata nel 1937.
Natalia Zuccatti (1892-1961) in posa dal fotografo coi figli Renato (1914) e Ammiranda (1915).
Di lei ci riporta una testimonianza Antonia Zuccatti al minuto 2:04:
C'era un tempo in cui la famiglia allargata conviveva nella stessa casa e così ecco nello scatto nonni e nipote in un momento di relax. Il piccolo è Luciano Zuccatti classe 1931, i suoi nonni sono Casimiro e Maria Annunziata, classe 1854-1856.
La fotografia ritrae un gruppo di persone in abito elegante.
Probabilmente si tratta di una gita "fuori porta" in occasione di una festa.
Si riconosce Agnese Bridarolli, moglie di Giulio Dallapè. I signori sono amici della famiglia Dallapè, probabilmente appartenenti alla famiglia De Varda o De Vilos.
Lo scatto dovrebbe essere realizzato in una zona di Stravino facilmente raggiungibile a piedi.
Fotografia ricordo di famiglia Dallapè di Stravino.
La prima donna a sinistra è Agnese Bridarolli, moglie di Giulio Dallapè. La fotografia riporta la seguente data: 13.9.31
La fotografia rappresenta una specie di duplicato fotografico artigianale. Si tratta di uno scatto fatto ad un ritratto artistico di una famiglia di Stravino. Dato l'abbigliamento si tratta di un ritratto risalente massimo ai primi anni del 1900.
La fotografia ritrae le famiglie Dallapè, De Varda e De Vilos, durante un pomeriggio festivo al Luch.
In piedi da sinistra si riconosce Celeste e seduto accanto Giulio, i due fratelli fondatori del calzaturificio Dallapè. Accanto a Giulio si riconosce Agnese.
Il signor Tranquillo è quello seduto più in alto.
Quintino Bassetti, con la sorella Maria, la moglie Agnese ed i figli (in ordine di età) Giuseppe, Giulio, Livio, Mario, Ezio, Elio, Ottavio, Cesare e Rosetta, posano davanti alla falegnameria di famiglia.
Innocente Faes, "el Nozènt" è il falegname che con ingegno e perseveranza ha portato avanti il laboratorio di famiglia funzionante a forza idraulica, spesso progettando e costruendo da sé i macchinari che gli servivano. Qui lo vediamo (con gli occhiali) circondato dalla sua famiglia allargata.
La fotografia, realizzata in uno studio fotografico di Riva del Garda, ritrae una famiglia benestante, probabilmente vissuta a Cavedine.
I due coniugi sono seduti al centro circondati da tutti i loro figli.
Sul fronte è presente un timbro fotografico che riporta la seguente dicitura: "STAB. FOTOGRAFICO C. MAYER-RIVA"
Sul retro della fotografia appare la seguente descrizione:
"Per consolidare sempre più i vincoli di parentela.
Leopoldo ed Elvira affianco. Riva, 23-6-1906"
L'anziana nella foto è Orsola Zambanini, moglie di Albino Zuccatti tessitore, di cui ci ha raccontato qualcosa la nipote Antonia classe 1931 nell'intervista collegata. Antonia è la più piccola in questa foto, l'altra bimba è la sorella Carmen, classe 1927, mentre la loro mamma, Maria Coslop era incinta di Giovanna, ricordo che ha permesso la datazione dello scatto.
Sullo sfondo si vede il dos dei Segrai praticamente spoglio.
Curioso anche il racconto di Antonia rispetto al fotografo: Alviz Zambanini, cugino della nonna, era emigrato in Austria e quando arrivava da Linz in bicicletta per far visita ai parenti portava con sé la sua macchina fotografica, fissando così su carta immagini della famiglia.
In questa fotografia è ritratta la numerosa famiglia di Romualdo Pedrini (uno dei bambini raffigurati), originaria di Pergolese, sul carro trainato da cavallo, in suo possesso, che utilizzava per gli spostamenti.
La datazione è approssimativamente stimata agli anni '30 del 1900.
L'immagine è un ritratto della famiglia Contrini, originaria di Sarche, ritrae la prima e la terza generazione della famiglia: nonni e nipoti.
Al cento sono seduti i nonni, Maria e Isidoro Contrini, e intorno a loro, in piedi, ci sono i nipoti, da sinistra: Iole, Alda, Ada, Afra, e i piccoli Franco e Adolfo.
La foto è stata scattata davanti alla loro abitazione, che si trovava nel rione nord-ovest di Sarche, allora chiamato "ghetto".
Luogo e data sono certi, grazie alla scritta riportata sul retro: Sarche, 7-7-45.