Parte del paese di Ciago in versione invernale.
Dietro il paese si vede un tratto di costone bianco libero da alberi, ideale per i temerari bambini e ragazzi che lo frequentavano con i loro slittini per lo più costruiti in casa.
Si può notare che le case in grande maggioranza hanno finestre prive di scuri e sulle soffitte hanno i "bochéri" aperti.
Su una delle case sul poggiolo c'è un classico gabinetto all'aperto; è negli anni '60 che vengono realizzati i bagni dentro le case.
Sotto il paese non c'è ancora traccia della variante al paese che viene costruita nella seconda metà degli anni '70.
Il piccolo Salvatore si nasconde nella rientranza di un portone. Il gioco "scondiléver" era molto praticato dai bambini che si muovevano liberamente in giro per il paese senza distinzione fra spazi pubblici e privati. Come a nascondino c'era una "casa" (tana), chi "stava sotto" contava fino a "61 più nessuno", non c'era però il "libera tutti" e l'ultimo preso doveva contare al turno successivo.
In primo piano i coscritti del paese nati nel 1937.
La strada era selciata.
Sullo sfondo si intravede la chiesa.
Il gioco dello "scondiléver" è testimoniato anche da Gemma Comai di Vigo Cavedine in questa intervista:
Una catasta di legna sta per essere tagliata a mano. Il signore ritratto in un momento di pausa appoggia la pesante scure (manàra) sul ciocco (ciòc). Una carriola è già piena di legni tagliati (stróssi). Poco distante una sega è appoggiata ad un cavalletto (càora) adatto a trattenere il palo mentre lo si sega. Tutto il lavoro veniva svolto a mano senza l'aiuto di nessun mezzo a motore.
La "càora" veniva usata anche dai bambini da cavalcare per gioco, tenendosi alle corna pur senza muoversi di un passo.
La casa sullo sfondo era stata usata fino alla metà degli anni '40 come bar con bocce e balera.
Sporgente dalla casa a fianco si vede il classico gabinetto del tempo.
Numeroso gruppo di bambini e ragazzi sulla neve con i loro slittini costruiti in casa e palle di neve.
I più piccoli portano i pantaloni corti.
Dietro si vede una parte del paese di Ranzo.
Sullo sfondo, il Gazza completamente spoglio da vegetazione si presenta come un ghiaione.
Sulla facciata della casa cantoniera, ora hotel Vezzano, è riportata la dicitura che indica l'altitudine del paese; all'ultimo piano il tipico ballatoio su cui venivano sistemate le pannocchie ad essiccare. Le proprietà ai lati della strada erano protette da muri in sassi, spesso alti come quello che si può vedere sulla destra. La strada era delimitata da grossi paracarri in pietra. La via principale (Via Roma), allora strada di percorrenza Trento-Riva era asfaltata, mentre via Stoppani era sterrata. Dietro si vede la salita al Doss e i grossi ippocastani che hanno dato il nome a questo luogo: ai "Alberoni".
Grazie alla collaborazione dei gruppi culturali Nereo Cesare Garbari del Distretto di Vezzano, La Roda, Retrospettive, Centro Studi Judicaria, Ecomuseo della Valle dei Laghi, Piccola Nizza de Trent, del gruppo Pensionati e Anziani di Vezzano, di molti privati e del patrimonio fotografico degli autori, la nascita del Comune di Vallelaghi ha visto la pubblicazione di questo libro fotografico. Le numerose foto storiche, accompagnate da brevi didascalie e introduzioni ai capitoli tematici, permettono di conoscere peculiarità e similitudini fra le 11 frazioni che compongono il neo comune favorendo così lo sviluppo di uno spirito di appartenenza ad un'unica comunità dei cittadini provenienti dai tre comuni fusi di Terlago, Vezzano e Padergnone.
Diverse foto pubblicate su questo volume sono disponibili nell'Archivio della Memoria per il riutilizzo.
Un bambino porta la sorellina con la carriola. Interessanti le informazioni paesaggistiche: la pavimentazione della Piazzetta di Sant'Anna era in sterrato e della strada in selciato; la zona ora occupata dal parco giochi e da diverse case era allora tutta campagna. Si intravede anche il capitello di S. Anna.