L'arcolaio veniva usato per dipanare le matasse ("ace"). La matassa ("acia") veniva inserita sull'arcolaio semi-chiuso che veniva poi aperto premendo le braccia verso il basso e fissandole con la vite superiore. Trovato il bandolo della matassa, cioè il capo del filo con il quale inizia la matassa, si iniziava a produrre un gomitolo mentre l'arcolaio girava alla velocità data dal richiamo del filo. Anche una bambina esperta in questo lavoro faceva girare molto velocemente l'arcolaio ed in breve tempo la matassa era del tutto dipanata e trasformata in gomitolo. Da qui il detto "Él va come 'n guìndol", "L'è saltà su come 'n guìndol" per sottolineare la velocità dell'azione.
In assenza dell'arcolaio la matassa veniva tenuta da una bambina a braccia aperte che doveva seguire l'azione di chi dipanava la matassa muovendo al suo ritmo braccia e mani. La soluzione più lenta consisteva nell'infilare la matassa nello schienale di una sedia e fare da sola.
Dipanare le matasse era un tipico lavoro delle donne e delle bambine.
Era necessario avere la lana in gomitoli per poi lavorarla ai ferri (come oggi) ed averla prima in matasse per poterla tingere.
Gioco da tavolo, effettivamente moderno. I giochi alle carte erano poco praticati dalle donne di una volta – non c’era il tempo – ma neppure la moralità lo permetteva. Si può dire che il gioco più comune era ‘l merler.
Registrazione estemporanea realizzata col cellulare durante una passeggiata per tramandare un giochino che i bambini fanno da tempo immemorabile con la capsula dei papaveri sfioriti per timbrarsi un “orologio” sul polso. Ai più piccoli lo fanno i più grandi o gli adulti che li accompagnano. Mentre si tiene premuta la capsula sul polso si recita per tre volte una breve filastrocca: “Ból, ból bèl, fame deventar bèl.” Staccata la capsula il suo disegno rimane impresso sul polso a mo’ di orologio.
Un'altra versione della filastrocca è contenuta al n. 7 del fascicolo
Nel fascicolo sono riportate tutte le testimonianze raccolte su questi temi dai bambini nel periodo del Coronavirus, a scuole chiuse, e mandate agli insegnanti in forma digitale dalle famiglie degli alunni delle 6 classi che avevano aderito al progetto di Ecomuseo della Valle dei Laghi per la realizzazione del secondo albo illustrato di Vespertillo, del quale costituiranno la base di partenza.
Esse sono elencate secondo l’ordine di età e poi alfabetico del nome dei "nonni".
Accanto ad ogni intervista ci sono dei simboli per trovare a colpo d’occhio i principali argomenti di cui ci parla ogni testimone: gioco di gruppo, di coppia, solitario, di movimento, tranquillo, all’aperto, in casa; conta, filastrocca, mimo/gioco, scioglilingua, indovinello, proverbio, in dialetto.
Una catasta di legna sta per essere tagliata a mano. Il signore ritratto in un momento di pausa appoggia la pesante scure (manàra) sul ciocco (ciòc). Una carriola è già piena di legni tagliati (stróssi). Poco distante una sega è appoggiata ad un cavalletto (càora) adatto a trattenere il palo mentre lo si sega. Tutto il lavoro veniva svolto a mano senza l'aiuto di nessun mezzo a motore.
La "càora" veniva usata anche dai bambini da cavalcare per gioco, tenendosi alle corna pur senza muoversi di un passo.
La casa sullo sfondo era stata usata fino alla metà degli anni '40 come bar con bocce e balera.
Sporgente dalla casa a fianco si vede il classico gabinetto del tempo.
Numeroso gruppo di bambini e ragazzi sulla neve con i loro slittini costruiti in casa e palle di neve.
I più piccoli portano i pantaloni corti.
Dietro si vede una parte del paese di Ranzo.
Sullo sfondo, il Gazza completamente spoglio da vegetazione si presenta come un ghiaione.
Una bambina è seduta sullo slittino, con cappotto, calze, muffole e cuffia di lana. Notare il bambino che le è accanto in pantaloncini corti nonostante la presenza della neve, abitudine diffusa un tempo, cosicché si diceva ai bambini: "fin a Nadal fret no 'l fa, braghe d'istà, dopo Nadal fret pasà... braghe d'istà".
[Fino a Natale non fa freddo perciò si usano i pantaloni estivi, dopo Natale il freddo è passato perciò si usano i pantaloni estivi]
Un bimbo gioca con un carretto costruito in casa ed una bambina maneggia con disinvoltura una forca. La strada è sterrata. Dietro ai bambini il capitello di Sant'Anna.
Anche una volta cani e gatti erano spesso compagni di giochi dei bambini.
Altro gioco molto usato era "scondilever", ossia nascondino, lo si faceva liberamente in giro per il paese entrando ed uscendo da case e fienili, nascondendosi tra i numerosi attrezzi agricoli presenti ovunque, come ad esempio sotto la "bèna" che si vede nella foto. La "bèna" era una grande contenitore che si metteva sul carro per trasportare il letame o altri materiali.
La strada interna della parte alta del paese era ancora sterrata.
Il Dòs del Merler, situato di fronte al paese di Ciago, prende il suo nome da questa pietra scolpita non si sa quando, anche gli anziani nati nel XIX secolo dichiaravano che quella tavola da gioco l'avevano sempre vista lì.
I bambini e ragazzi che portavano al pascolo i loro animali nella zona si fermavano a fare una partita a tria, "merler" in dialetto, usando come pedine oggetti naturali.
Altro gioco presente sulla stessa roccia veniva fatto usando le nocciole che venivano fatte rotolare come bilie per raggiungere una serie di coppelle. Sembrano essere queste le incisioni più antiche, poiché le coppelle erano proprie delle culture preistoriche, anche se il loro significato rimane misterioso.
Nel 1943, o 1948, uno di quei ragazzi pastori, di indole solitaria, ha inciso il suo nome e la data accanto alla tavola da tria: Oliviero Perini.
È così dunque che sulla stessa roccia troviamo tre incisioni rupestri di epoche e significati diversi.
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Questa pietra è stata riportata su un sito tematico nel quale possiamo ricavare altre informazioni e vedere molte altre trie: