all'interno del mulino ad acqua è la ruota dentata di legno posta sullo stesso asse della ruota idraulica, così da muoversi insieme a quella e trasmettere il movimento al rocchetto e quindi alla macina superiore.
Guardando sotto il castello del mulino Pisoni "Biasi" vediamo sotto una coppia di macine un lubecchio singolo mentre sotto l'altra coppia ci sono due lubecchi di forma diversa.
I lubecchi presenti in ambedue le strutture sono fissati, con 4 razze, al fuso, che era collegato alla ruota idraulica e presentano quel che rimane di 36 denti perpendicolari alla ruota così da trasformare il suo movimento verticale in veloce rotazione orizzontale della ruota a lanterna (rocchetto), in cui i denti andavano a infilarsi, movimentando di conseguenza la macina superiore fissata sullo stesso asse.
Il lubecchio diverso invece è fissato al fuso con una struttura diversa ed i suoi denti sporgono dritti dalla ruota. Si presume che esso potesse muovere un macchinario accanto al castello come poteva essere il buratto.
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Bibliografia:
Šebesta, Giuseppe - pag. 135-136 di
Questo contenitore in legno, aperto centralmente su un lato ed incernierato alla tramoggia (tremògia), era chiamato "tafferia" (casèla) ed aveva il compito di far scendere gradualmente i chicchi nel foro della macina superiore.
Un palo fissato alla tramoggia toccava la macina superiore che, muovendosi, trasmetteva delle vibrazioni facendo alzare e abbassare la "tafferia" provocando la fuoriuscita del grano.
La corda che vediamo infilata nel gancio sulla bocca del contenitore andava ad avvolgersi intorno ad un fuso in cima alla tramoggia ed all'altra estremità aveva un contrappeso così da trattenere la "tafferia" verso l'alto.
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Bibliografia:
Šebesta, Giuseppe - pag. 135-136
Il termine castello viene usato all'interno del mulino per indicare la robusta struttura lignea che sostiene le macine ed in generale tutto il complesso.
Nello scantinato dell'ex mulino Pisoni "Biasi" sono ancora al loro posto sul "castello" due coppie di macine utilizzate fino verso il 1940 per la macinazione contemporanea della farina bianca e gialla. Per terra l'anello di ferro (sércena) che, posizionato nell'apposito incavo della macina inferiore, rivestiva quella superiore in modo da evitare fuoriuscita di farina dallo spazio tra le due mole.
Rappresentazione grafica elaborata al computer di tutte le attività funzionanti a ruota idraulica di cui l'esistenza è documentata e localizzata sulla Roggia di Calavino.
La falegnameria Chemelli "Morbini" è stata l'unica attività artigianale ad utilizzare l'acqua del Rio Freddo come fonte di energia.
Fino al 1828 la "strada maestra", ora provinciale, non esisteva e questa parte del paese non era servita dalla vecchia strada imperiale, che univa Padergnone con la Valle di Cavedine (quella sulla quale ora c'è il depuratore).
Il primo Chemelli "Morbin" arrivato a Calavino da Vezzano era un falegname, classe 1800. Hanno seguito le sue impronte il figlio Francesco Andrea, classe 1832 ed il nipote Giovanni Desiderio (1856-1918). È con lui che inizia la storia di questa falegnameria.
Nel 1894 risulta l'iscrizione di Giovanni Chemelli nel "Registro delle industrie" e nel giugno del 1902 la sua istanza all'I. R, Capitanato Distrettuale di Trento per ottenere "il politico permesso di poter utilizzare e deviare circa 50 l. al minuto secondo d'acqua della roggia comunale Rio Freddo per l'esercizio d'una officina ad uso falegnameria da costruirsi sulla sua particella fondiaria n. 511".
Bene presto la falegnameria prese il via ed a Giovanni si affiancò, e poi continuò, il figlio (Francesco) Domenico (1881-1959) guadagnando riconoscimenti prestigiosi come il diploma con medaglia d'oro all'Esposizione Internazionale Agricolo-Industriale di Roma nel 1912. Nel periodo prebellico 1912/14 a Domenico Chemelli vennero affidate importanti commesse pubbliche per opere da falegname come l'asilo - teatro e la nuova scuola elementare. L'azienda si ingrandì e nel secondo dopoguerra diede lavoro a molti giovani apprendisti occupandosi soprattutto di serramenti e mobili.
Negli anni sessanta, con l'avvento della grande industria, la concorrenza diventò difficile da sostenere. Tra i figli di Domenico solo Ezio (1923-2000) continuò l'attività di famiglia ritornando alla gestione familiare con pochi dipendenti e puntando su serramenti e scale.
Ora porta avanti l'azienda il nipote di Ezio: Andrea Bolognani.
Macina inferiore fissa, proveniente dal vicino molino Pisoni "Tonati", utilizzata nel 1996 come elemento di arredo urbano a ricordo della fiorente attività molitoria diffusa un tempo in paese.
Il dr. Galeazzo Pisoni, nipote del dr. Basilio Pedrini che nel 1900 aveva costruito la centralina elettrica accanto a Villa Elda a Calavino, con lo stesso pallino per l'ingegneria elettrotecnica, nel 1962 fece predisporre un progetto per la realizzazione di una nuova centralina presso l'ex mulino a Venzon a lato della "Pontara" sulla vecchia strada che da Calavino porta a Padergnone.
L'opera di presa, mediante un canale di derivazione, venne ubicata in sponda destra della Roggia nei pressi della casa Pisoni "Biasi" e nell'ultimo tratto l'acqua veniva convogliata in una condotta forzata, che metteva in moto la turbina per una produzione pari a circa 17 Kw. Attraverso una rete aerea, interrata poi negli anni successivi, l'energia prodotta veniva distribuita alle case di proprietà Pisoni ed anche per il funzionamento di cucine elettriche, che alcuni utenti di Calavino si erano fatti installare nelle proprie abitazioni, pur mantenendo come utenza principale per l'illuminazione e gli elettrodomestici quella fornita da Enel.
Qui le strutture citate:
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano queste attività produttive quando erano attive.
Si può osservare la sorgente con cascata del Bus Foran, con le due derivazioni ed i resto dell'acqua che entra nella roggia di valle sull'altro lato della strada. Da osservare anche la ruota idraulica con carica dell'acqua dall'alto, tecnologia indispensabile quando la quantità dell'acqua non è tanta.
Nel 1860 è documentata qui la presenza di due mulini di Floria Domenico "Mosca" dei quali quello a monte era una segheria.
Erano alimentati da una derivazione che partiva a monte della cascata del "Bus Foran", arrivava ad una vasca di carico sopraelevata rispetto ai due edifici, da lì partivano le due canalette a servizio dei due edifici.
L'acqua si immetteva quindi nella derivazione a valle della cascata del "Bus Foran" per poi infilarsi sotto il ponte verso piazzetta ai Zoni e proseguire la sua corsa verso altri mulini.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentava il mulino di Graziadei Antonio "Gioanét" quando era attivo.
In primo piano la piazzetta dei Zoni con la sua fontanella ed il lavatoio, poi il mulino con a fianco la derivazione, la roggia e la strada che le attraversa per raggiungere la piazzetta, infine si intravede la bella fontana dei Menètoi ora completamente coperta dal cemento ed utilizzata per fornire di acqua potabile i paesi dell'alta valle da sempre poveri d'acqua.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Graziadei "Ferèri" quando erano attivi.
Si vede inoltre il passaggio della derivazione sotto una casa ed il lavatoio poco oltre.
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Ricci quando erano attivi.
Interessante vedere come, al tempo, quella che ora è strada provinciale, andava a fermarsi sul bordo roggia. Vi era lì una piazzetta con lavatoio e fontana mentre la strada proseguiva per via Graziadei. Questa stessa fontana si vede in una foto con un'altra angolatura sulla piazzetta:
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini al Mas quando erano attivi.
Da notare come sia la roggia che la derivazione a servizio dei mulini (sulla sinistra idrografica) escono da tunnel sotto casa Chemelli.
Era situato nel rione del Mas, il più antico di Calavino, sulla sinistra orografica del ramale della roggia che alimentava dapprima i mulini Graziadei poi Pisoni.
Nel 1860 risultava qui attivo il mulino di Furlanelli Giovanni:
I mulini Graziadei "Ferèri"
I mulini Graziadei erano situati nel rione del Mas, il più antico di Calavino, sul ramale in sinistra idrografica della roggia che esce dal tunnel sotto l’edificio Chemelli.
Nel 1860 risultavano qui attivi due mulini di Graziadei Bortolo fu B. "("Ferèri") e un mulino di Graziadei Domenico fu B. "("Ferèri"):
Rappresentazione grafica elaborata al computer ricostruendo come si presentavano i mulini Pisoni "Fornèri" quando erano attivi, prima di trasformarsi in centralina idroelettrica e cementificio.
Tra loro il lavatoio dell'attuale "piazzetta delle Regole".
La “calchèra“ era un forno per la cottura del calcare per la produzione della calce.
Aveva forma di botte ed era realizzata in pietra resistente al fuoco, solitamente in un terrapieno nel bosco o nelle immediate vicinanze, così da avere a portata di mano il legname necessario e da poter essere caricata dall'alto.
In basso aveva un'apertura dalla quale si alimentava il fuoco giorno e notte per diversi giorni portando il forno ad una temperatura di 900°C.
Lo spazio riservato al fuoco era coperto da una volta in pietre più resistenti al fuoco.
Sopra la volta, veniva caricata con pietre calcaree.
A cottura ultimata si lasciavano lentamente raffreddare le pietre. Tutto il processo durava 3-4 settimane.
Poi si scioglievano le pietre cotte in acqua così da formare la calce spenta che veniva conservata a lungo vicino a casa nel
Costruzione in muratura utilizzata per la cottura di pietre con cui realizzare materiali da costruzione, nello specifico nella "fornàs" si cuocevano le marne per la produzione del cemento mentre la fornace utilizzata per la cottura del calcare per la la produzione della calce era chiamata: