Il sindaco del comune di Margone, Tasin Giovanni, scrive "Al Lodevole Comune di Fraveggio-Sta Massenza" informando che il Comune di Margone "riparò la strada dello Scal" con una spesa di 120 lire e "Di questo importo, giusta convenzione consuetudinaria, spettano 2 terzi al Comune di Fraveggio-Sta Massenza e 1 terzo al Comune di Margone", lo invita perciò a versare le 80 lire di sua competenza.
Il timbro del Comune di Margone visibile in fondo al documento riporta al suo interno l'immagine della Madonna Immacolata.
Antico e ripido sentiero, lungo circa 4 km, che unisce Santa Massenza (255 m slm) e Fraveggio (433 m slm) a Margone (951 m slm), percorribile in salita solo a piedi ed in discesa anche con le slitte.
Nei tratti più ripidi il fondo è costituito da scalini scavati nella roccia, il resto è selciato con qualche punto sorretto da muri a secco, alcuni tratti risentono del passaggio del tempo e dell’abbandono e sono ormai in cattive condizioni, altri pezzi sono in terra battuta. Veniva usato anche dagli operai, carichi di materiali, per raggiungere la finestra ai "5 Roveri" fino alla costruzione della strada, ora SP18, che proprio lì attraversa. La parte dai "5 roveri" verso Maso Rualt, in mezzo al bosco, è tranquillamente percorribile; la parte sottostante è più pericolosa ma molto panoramica e particolare, non ha un accesso sulla strada (se non scavalcando il guardrail poco sotto la piazzola dell'elisoccorso).
La carta di regola di Margone del 1708, che ha sostituito la precedente andata perduta, al capitolo 16° stabiliva "Che ogni vicino sia obligato aggiustare le strade de' comunali, ciovè quella di Gaza e Sc(a)l, ogni qualvolta verrà commandato dal giurato, sotto pena di troni 2 per cadauna volta alli contrafacienti."
In una documento del 1924 troviamo invece che la manutenzione del sentiero dello Scal spettava al comune di Margone che veniva poi risarcito per i ⅔ della spesa dal Comune di Fraveggio-Santa Massenza.
Era un tempo la via di collegamento diretta tra Margone ed il fondo-valle e serviva a quelli di Fraveggio per per portare in "malga" le loro bestie a maso Rualt, proprietà di quella comunità.
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Bibliografia:
La strada di collegamento tra Vezzano e Margone/Ranzo, strapiombante sulla Valle dei Laghi, è una fra le più suggestive e panoramiche del Trentino.
In 5 km da Vezzano si raggiunge il bivio Ranzo/Margone, da lì in 2 km si sale a Margone o in 4 km si arriva a Ranzo.
La sua storia è iniziata nel 1947 quando i lavori di costruzione della centrale idroelettrica di Santa Massenza hanno reso indispensabile il collegamento fra il fondo-valle, le finestre "ai Gaggi" e "ai 5 roveri", il Pozzo piezometrico, presso maso Rualt nelle vicinanze di Margone.
Così come la centrale, anche la strada è stata costruita su iniziativa della Società Idroelettrica Sarca Molveno (S.I.S.M.); ha poi eseguito i lavori l’Impresa Farsura.
A seguire il Comune di Vezzano ha poi realizzato la strada che collega il bivio di Margone con Ranzo, raggiunto nel 1954.
La costruzione della strada ha fatto due morti sul lavoro: Remo Maltratti di anni 20 nel 1947 sul tratto Vezzano- Margone ed Enrico Daldoss di anni 50 nel 1950 sul tratto verso Ranzo, ambedue causa lo scoppio ritardato di una mina.
Fino ad allora Ranzo era collegato al fondo-valle con la strada che percorre la Valbusa fino a Castel Toblino, e Margone col ripido sentiero dello Scal che scende a Fraveggio e Santa Massenza; c'era poi il sentiero delle Cruze che univa i due paesi.
La provincializzazione, nel 1997 del tratto Lon-Ranzo, e poi verso il 2005 anche della diramazione per Margone, ha permesso una manutenzione ed una messa in sicurezza più puntuali ed incisive con allargamento di lunghi tratti, messa in opera di reti paramassi e guardrail. Precedentemente era nata la SP 18 Terlago e Laghi di Lamar, che si dirama dalla SS 54 bis della Gardesana nei pressi di Cadine, da quella poi la diramazione per Vezzano (via Lon-Fraveggio) e quindi le due diramazioni sopraddette.
La Provincia aveva anche previsto il proseguimento della strada verso Nembia-Molveno ma dopo la costruzione del primo tratto il progetto è stato sospeso.
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Bibliografia:
L'epigrafe sulla lapide posta all'ibterno della cappella cimiteriale di Vezzano recita:
IN GLORIA
DI
ITALO CONCI
FIERO COMBATTENTE D'ITALIA
ARDENTE LEGIONARIO DI RONCHI
ANIMA LUMINOSA DI FEDE
E DI DEDIZIONE PURISSIMA
QUESTO RICORDO
I VEZZANESI POSERO
N. A VEZZANO L'8 FEBBRAIO 1893
M. A FIUME D'ITALIA IL 26 DICEMBRE 1920
Gabriele D'Annunzio durante la tumulazione della salma di Italo Conci nella stiva della nave Puglia al Vittoriale degli italiani, residenza di Gabriele D'Annunzio a Gardone Riviera (Brescia).
Sopra la porta d'entrata della casa natale di Italo Conci è posta una lapide commemorativa con una epigrafe che recita:
«Questo segno d'amore e di promessa
I legionari di Ronchi
Uomini liberi tra servi smarriti
dedicano all'eroe Italo Conci
che ucciso dai fratelli
nella notte santa e orrenda di Fiume
gli angeli della Redenzione
avvolsero nel sudario di Cesare Battisti
reso in consumabile dal Signore
per accomunare il sacrifizio
di tutti gli eroi trentini
credenti nella Patria futura.
Fiume, XXVI decembre MCMXX
Vezzano, XXVI decembre MCMXXI».
Eroe fiumano nato a Vezzano nel 1893 e morto a Fiume nel 1920.
Italo (Beniamino Giacomo Giuseppe) Conci è nato a Vezzano il 7.2.1893 da Pellegrinati Teresa e Angelo Conci (1853-1926). Il padre, oriundo di Trento, arrivato in paese in qualità di medico condotto, acquistò la casa in via Roma 5, dove nacquero Ada nel 1891 (che sposerà l'ingegnere Anselmo Anesi), Italo nel 1893 e Ivo nel 1901 (che emigrerà in Argentina nel 1934).
Nel 1910 Italo emigrò in Argentina, dove rimase fino al 1915 quando l'Italia entrò in guerra contro l'Austria. A quel punto andò in Italia e nel marzo 1916 si arruolò volontario nell'esercito italiano, col nome di guerra loris Lionello, nella ferma convinzione irredentista che il popolo italiano dovesse essere tutto unito in un'unica patria. Fu valoroso, divenne ufficiale negli Arditi, venne ferito gravemente e guadagnò due medaglie d'argento al valore.
Mentre lui combatteva al fronte contro la sua patria natale, la sua famiglia venne incarcerata in Austria.
Col trattato di Versailles del 1919 l'Austria dovette cedere all'Italia il Trentino Alto Adige ed il Friuli Venezia Giulia, ma non la Dalmazia e Fiume come previsto inizialmente dal patto di Londra in caso di vittoria.
Nella notte tra l’11 e il 12 settembre 1919 partecipò alla spedizione per l’annessione di Fiume all’Italia partita da Ronchi (Gorizia) guidata da Gabriele D’Annunzio, di cui lui divenne un fedelissimo seguace, addetto alla vigilanza della sua persona. Combattè a Fiume nelle fila della Legione trentina “Cesare Battisti” e morì il 26 dicembre 1920 nella "notte di fuoco" colpito dall'esercito italiano intervenuto per far rispettare quanto stabilito dal trattato di pace.
La salma di Italo Conci venne portata al Vittoriale e poi deposta in un'arca, seguita nel tempo da quelle di altri dieci legionari che insieme circondano la tomba di Gabriele D'Annunzio.
A Vezzano, una lapide commemorativa lo ricorda sulla sua casa natale ed un'altra lapide a memoria è posta nella cappella cimiteriale.
A lui è venne intitolato il "Gruppo di Azione" di Vezzano, organizzazione istituita con la riforma scolastica Gentile del 1923 con lo scopo di togliere gli insegnanti dal loro isolamento e riunirli in una sorta di cenacolo culturale. Questo gruppo fu segnalato nella relazione-studio sulle scuole della circoscrizione di Trento (1925-1926) tra i più attivi a organizzare convegni, gare, scambi di visite, «feste per la dote della scuola» (una recita, un saggio ginnico, una lotteria), mostre didattiche locali. C'è chi rammenta una targa ad Italo Conci nell'entrata della vecchia scuola elementare di Vezzano e qualcuno ricorda che il grande cedro che c'era un tempo davanti alla scuola dell'infanzia fosse stato piantato in sua memoria.
Anche la Banda di Vezzano venne intitolata ad Italo Conci (1931?) anche se dopo l'elevazione della Villa di Vezzano a Borgo nel 1998, essa assunse il nome di "Corpo Bandistico del Borgo di Vezzano".
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Fonti:
Alla domanda "Come stat?" (Come stai?) la risposta "Cossì cossì, come le dòne senza marì." (Così così come le donne senza marito.) viene così spiegata dall'anziana che la pronuncia: "Se digo "mal" l'è 'na bosìa e se digo "bèn", anca" (Se dico "male" è una bugia, ma lo è anche se dico "bene"), nessun accenno alla seconda parte del modo di dire che la dice lunga sulla condizione femminile di un tempo.
Questa classica fornace per la produzione della calce, semi interrata, si trova nella parte bassa del Gaggio dei Pini a monte della località Cesuron e a Nord della strada dei brozzi. La parte superiore esposta è protetta da una recinzione in legno.
Per capirne il funzionamento e conoscere altre "calchère" della valle si rimanda alla voce del glossario collegata a questa scheda.
pianta un tempo molto diffusa generalmente coltivata lungo corsi d'acqua o altri luoghi umidi, anche in filari, ha perso gradualmente la sua funzione e la si trova sempre più difficilmente.
Dai suoi rami si ricavavano le "stròpe" che per la loro grande elasticità venivano usate per realizzare cesti e per i legacci in agricoltura, in particolare delle viti.
"Stropàr" può anche assumere tutt'altro significato:
visto che l'America è stato a lungo continente di emigrazione e speranza, in senso figurato si usava anche per dire che uno ha trovato la fortuna/la ricchezza: "L'ha trovà la Mèrica".
La “piazzetta delle Regole”, nel rione “Bagnòl” di Calavino riveste un importante significato storico perché era il luogo in cui solitamente venivano convocate nel passato (dal XIV° al XVIII° secolo) le assemblee pubbliche, chiamate “regole” in quanto previste dalle “carte di regola”(ossia specie di statuti comunali), che venivano convocate periodicamente nel corso dell’anno per l’assunzione di decisioni, riguardanti la gestione interna della comunità.
Al tempo questa piazzetta era interessata dall’attraversamento della strada principale (la cosiddetta “strada imperiale”), da cui si dipartiva una stradina che s’innestava più a monte con quella di montagna.
I primi riferimenti storici al piazzale di Bagnòl (Plazzollo dicto de Bagnol) risalgono all’8 febbraio 1428, nell’occasione in cui si ratificò la sottoscrizione del patto d'unione fra le Comunità di Calavino, Lasino e Madruzzo per la gestione unitaria delle proprietà pubbliche.
Con l’abolizione delle carte di regola (1803) e la nascita delle "rappresentanze comunali" con la costruzione del municipio la piazzetta perse gradualmente la sua importanza.
Negli anni ‘50 del 1900 venne realizzata la variante della strada che deviò tutto il traffico della valle di Cavedine; negli anni '70 con la revisione della toponomastica tale slargo venne ricompreso nell’attigua via Battisti e con la successiva revisione, agli inizi degli anni 2000, prese appunto il nome di “piazzetta delle Regole”.
Nel 2014 è stata inaugurata la piazza ampliata, frutto di un grande lavoro di riqualificazione urbanistica: venne realizzata la nuova piazzetta totalmente separata dalle strade, con affaccio sulla Roggia, venne ruotata la vecchia fontana, recuperato l’antico lavatoio, recuperate dal fondale della roggia, restaurate ed esposte due macine molitorie.
Nel 2017 Ecomuseo della Valle dei Laghi ha posto qui uno dei pannelli del percorso degli "Antichi mulini di Calavino" per far conoscere questa importante realtà produttiva del passato direttamente sul posto.
Nel 2021 la Banda di Calavino ha scelto di installare proprio in questa piazzetta uno dei megafoni del progetto "SentIERI, la strada dei megafoni" così che il visitatore possa essere cullato dai suoni e dai racconti provenienti dal megafono, guardandosi intorno e immaginando le scene che lì si sono svolte, tanto tempo prima.
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Per approfondire, si invita alla lettura dell'articolo di Mariano Bosetti su questa piazza, pubblicato a pag. 36-42 di Retrospettive n. 48 del 2013, qui a disposizione:
Il presente vademecum è stato predisposto per dar risposta ai dubbi e tenendo conto delle sollecitazioni emersi all'interno del corso "Videomaker della memoria – “Vot che te la conta o te la diga?”, promosso da Ecomuseo della Valle dei Laghi ed inserito nel Piano Giovani della Comunità della Valle dei Laghi 2023.
Contiene molte indicazioni utili ai principianti che si apprestano a realizzare un video, in particolare se pensato per l'Archivio della Memoria della Valle dei Laghi.
Si divide in sezioni:
- Dal punto di vista organizzativo - prima di cominciare
- Dal punto di vista relazionale
- Dal punto di vista tecnico - durante l’intervista
- Post Produzione - dopo l’intervista
- Archiviazione
Si segnala inoltre unsito interessante a riguardo:
Ha messo a disposizione dell'Archivio della Memoria le sue produzioni con licenza CC-BY.
In archivio sono presenti anche alcuni materiali da lei conservati:
Appartiene alla specie Fagus sylvatica L. e si trova a 1280 m di altitudine a fianco dell'antica strada selciata che da Covelo, Ciago e Lon porta sul monte Gazza, nei pressi della casa forestale, in località Canal.
Lungo questa strada, un tempo molto esposta, nel magro bosco ceduo sono sopravvissuti numerosi faggi di grosse dimensioni per soddisfare il bisogno di ombra degli allevatori e boscaioli che si recavano in montagna per prelevare fieno e legname con lunghi e lenti percorsi fatti col bue. Il faggio di Canal è quello di dimensioni maggiori: ha un altezza di 28 metri, una circonferenza del fusto di 443 cm ed a 5 metri di altezza si divide in grosse branche.
Con D.Dip. n. 5450 del 19/12/2017 è stato riconosciuto albero monumentale di interesse nazionale rispettando i criteri dell'età, delle dimensioni della circonferenza e del valore storico.
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Fonti: