Questo video è stato realizzato a conclusione del progetto "Videomaker della memoria – “Vot che te la conta o te la diga?”, promosso da Ecomuseo della Valle dei Laghi ed inserito nel Piano Giovani della Comunità della Valle dei Laghi 2023.
Presenta degli spezzoni delle interviste realizzate dai giovani presso la A.P.S.P. Residenza Valle dei Laghi di Cavedine oltre alla testimonianza di qualcuno dei partecipanti.
Il lavoro è stato organizzato in gruppo, ogni giovane ha poi potuto essere artefice principale di una o più interviste e/o della sua postproduzione.
Per una questione di tempistica questo video finale è stato poi assemblato dal videomaker che ha guidato il guppo: Alfredo Croce di Aringa Studio.
Terminata la scuola professionale Tullio, diciottenne, entra nel mondo del lavoro in Valle d'Aosta dove suo padre, che fa il minatore lì, gli ha trovato lavoro in un'officina.
Nelle sue lettere rassicura la mamma che è un bel posto, il lavoro è gratificante e non pesante anche se occupa 11-12 ore al giorno, papà lo aiuta in casa.
Gli mancano il paese natale, la famiglia, gli amici, tutto il vicinato, la compagnia della musica.
Compiere i 18 anni, raggiungere la maggiore età, è un momento importante, di passaggio alla vita adulta: si può votare, fare la patente, donare il sangue, fare scelte autonome. Tullio Comai, classe 1955, come tutti i diciottenni italiani vissuti tra il 1861 e il 2004 è chiamato alla coscrizione e compie questo rito di passaggio con la visita di leva. Abile: tricolore intorno al collo e pon pon bianchi e rossi ne sono i simboli. La foto ci mostra un tipico ragazzo degli anni ‘70: capelli lunghi e pantaloni a zampa di elefante.
La fotografia mostra un gruppo di uomini seduti in prossimità di un bosco. Si tratta di alcuni operai dell'azienda Dallapè in gita presumibilmente sulla montagna ad est di Stravino, sopra l'abitato.
Sul retro si trova la seguente descrizione: "Nell'azienda Dallapè c'è un clima familiare, i responsabili e gli operai infatti non condividono solo le ore di lavoro ma anche il tempo libero, ci si diverte insieme. Nella foto da sinistra: Giancarlo, Martino, Claudio, Erminio 3 operai e Nerio. Anno 1954".
La fotografia mostra un giovane che dirige un carro agricolo trainato da due buoi lungo il viale della chiesa di San Rocco Pellegrino a Brusino.
L'attacco doppio prevede un palo centrale (temon) sul quale all'altezza del collo dei buoi viene legato il giogo (giof) con appese due cinghie (canagole) che passano sotto il collo di ciascun bue. Questi sono uniti al timone per le corna con una fune (gioncola).
La fotografia ritrae un gruppo di "coscritti" di Brusino nati nell'anno 1931.
Per festeggiare questo rito di passaggio alla maggiore età in ogni paese della valle erano soliti vestirsi eleganti e in particolare indossare un caratteristico cappello decorato con fiori. Immancabile era anche la foto ricordo di gruppo con indicato il loro anno di nascita.
Graziano Eccher racconta i suoi ricordi di scuola elementare a Vigo Cavedine, durante gli anni '50 del 1900.
Questo contenuto deriva da una video intervista realizzata nel 2019.
La fotografia mostra un ragazzo che posa con la sua bicicletta nei pressi di casa Dallapè, sulla strada principale che attraversa la valle di Cavedine.
Sullo sfondo si vede il capitello della pietà di Stravino.
Nella fotografia sono presenti un gruppo di coscritti di Stravino, presumibilmente nati nel 1935.
I giovani vestono l'abito delle festività ed indossano il caratteristico cappello decorato con i fiori.
L'ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato in questa occasione, mostra un gruppo di scolari all'aperto, presumibilmente di Cavedine.
In fondo al gruppo si riconosce don Evaristo Bolognani.
Cerchiamo maggiori informazioni su questo scatto.
La fotografia è stata scattata il 3 ottobre 1954 durante l'inaugurazione del nuovo edificio scolastico a Cavedine.
Questo scatto mostra il momento del taglio del nastro tricolore da parte della vedova del defunto Commendatore Giulio Cattoni, alla cui memoria fu intitolato l'edificio.
Si riconoscono l'attuale arciprete di Cavedine don Luigi Demattè e don Simone Felicetti che sorregge il paramento liturgico.
A seguire sono presenti la maestra Gregorina Cattoni, il maestro Eugenio Pederzolli e il maestro Mario Chesani.
Si tratta di un ingrandimento in formato 40x30 cm, scansionato nel 2021.
Posto vicino alla vecchia Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in origine, e fino al 1969, era situato a bordo strada; successivamente è stato sposato in un angolo della piazzetta per fare spazio ai materiali di scarto provenienti dalla costruzione della nuova Chiesa della Madonna della Pace.
Questo monumento è stato realizzato dall’artista Mansueto Ceschini di Lasino, su disegno del padergnonese Rebo Rigotti.
Lo scopo dell’opera, oltre a ricordare le vittime della guerra, era quello di ricordare alle nuove generazioni l’orrore del conflitto, con la speranza di non intraprendere altre attività belliche.
Il monumento, costruito nel 1921, alla fine della Prima Guerra Mondiale, si presenta come una colonna in pietra rosa, posta su tre scalini, con in cima una scultura in bronzo della fiamma eterna. Sui lati dell’opera sono riportate le targhe in bronzo decorate, con incisi i nomi dei paesani morti o dispersi nella Prima Guerra Mondiale, aggiornate poi negli anni ’50 con i nomi delle vittime del Secondo Conflitto Mondiale.
Su uno scalino in pietra è presente anche una piccola cassetta in ferro riportante l’incisione “Terra di Nikolajewka - 1989” che vuole rappresentare le vittime trentine che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno perso la vita durante la sanguinosa battaglia a Nikolajewka, sul fronte russo.
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Bibliografia:
In questa fotografia è ritratto Quintino Rigotti (1901-1994), originario di Padergnone, figlio di Pietro Rigotti e Antonia Marzani.
Indossa i tipici abiti militari perché ha prestato servizio al fronte durante la Prima Guerra Mondiale.
La datazione è stimata e motivata sulla base della data di nascita di Quintino.
Livio e Cesare (detto Cesarino) Bassetti suonano mandolino e chitarra sulla terrazza di casa in piacevole compagnia. Dietro di loro una catasta di robuste assi rivela la professione esercitata dalla famiglia: i falegnami.
Le sorelle Lidia, Leopoldina e Gina Tasin in posa per uno scatto durante un bagno nel Lago di Santa Massenza. Da notare la trasparenza dell'acqua.
Lo scatto ben raffigura il lago prima della costruzione della
Gruppo di persone fanno il bagno nel lago di Santa Massenza. La signora Flora, nel riguardare questo scatto, ricorda l'allegra musica di sottofondo che veniva dall'albergo Conti e le spensierate nuotate che facevano più quelli provenienti dalla città che non quelli dei dintorni. Lei, trasferita da Fraveggio a Trento in tenera età, aveva potuto frequentare con le sue sorelle la piscina comunale di Via Madruzzo, denominata "Cock"e così, quando tornava a Fraveggio per le feste, le vacanze, o come profuga dopo il bombardamento di Trento, poteva farsi una passeggiata fino a Santa Massenza e nuotare in compagnia.
In genere quelli che vivevano sul lago sapevano nuotare ma quelli dei dintorni si accontentavano dei giri in barca o di stare in compagnia a riva a cantare e suonare.
Lo scatto ben raffigura il lago prima della costruzione della
Plurale: matèi/putèi
Femminile: singolare: matèla/putèla; plurale: matèle/putèle
Putelòt è il diminutivo, dal significato quindi di bambino.
La foto è tratta da questo contenuto:
Alba Chistè racconta come si svolgeva il "Trato Marzo" nel paese di Vigo Cavedine l'1-2-3 marzo di ogni anno.
Si rivolge in lingua italiana ma utilizza anche termini dialettali per dare più risalto ad alcune frasi come "i se trovava" (si trovavano), "per sposar le bèle fiole" (per sposare le belle figlie), "de chi èla, de chi no èla?" (di chi è?, chi sono i suoi genitori? ), "la Alba del Bruno Forto che l'è anca bèla" (Alba di Bruno detto "Forto" che è anche bella), "a chi la dente, a chi no la dente" (a chi la diamo in sposa?), "al Romano Drago che l'è da sposar" (a Romano detto "Drago" che è ancora da sposare), "èl en contrat da far?" (è un contratto da fare?), "e denteghela e denteghela che l'è da maridar" (va bene, che ha ancora da prendere marito).
I coscritti del 1924 col tipico cappello addobbato con fiori e piume festeggiano la coscrizione nella piazza di Vezzano. Con loro un soldato. Ricordiamo che il periodo 1943-1945 fu quello dell'occupazione tedesca seguita al "rebalton" e che a Vezzano aveva sede un reparto di gendarmeria tedesca che mantenne un buon rapporto coi civili.
Il gruppo si trova in quella che allora era Piazza Fiera, dietro loro si vede Via Dante, sulla destra la scuola elementare e la fontana.
Il superamento della visita di leva, che rendeva i giovani abili al servizio militare, costituiva un rito di passaggio alla vita adulta. Evento importante dunque, che andava festeggiato. Il cappello ornato di fiori e piume era il simbolo che i giovani portavano in questa occasione e che veniva tradizionalmente addobbato dalle loro coetanee.
Dietro di loro possiamo vedere due "bene" appoggiate alle case, contenitori in rami intrecciati per il trasporto con il carro di merci e del letame.
Fotografia di gruppo che ritrae un gruppo di sorelle nei pressi di Stravino.
Le giovani donne indossano abiti tipici degli anni ‘20-’30, caratterizzati da una linea molto più morbida e pratica rispetto a quelli che erano soliti essere indossati negli anni precedenti.