È il più antico del paese, eretto per voto unanime in occasione della famosa peste manzoniana del 1630 e restaurato nel 1836 in occasione delle terribile epidemia di colera portata in valle dai 'pelarini', i lavoratori stagionali che si recavano annualmente nel bresciano a sfrondare gelsi nel periodo della bachicoltura.
Il capitello è dedicato al Santissimo Crocifisso, Maria Santissima, i Santi Vigilio, Floriano, Rocco e Antonio Abate, tutti affrescati nelle nicchie.
Bibliografia:
Sulla strada che da Ciago scende a Vezzano è presente questo capitello, il più antico del paese di Ciago; la data che porta incisa infatti è “1887”.
Nella sua nicchia ospita una tela realizzata dall’artista M. Degasperi, che raffigura la Madonna e Sant’Anna in cielo, e nella parte bassa San Giobbe e Sant’Antonio da Padova con ai loro piedi una cesta di bozzoli di bachi da seta (in dialetto detti “galete”).
Questo capitello infatti è dedicato a San Giobbe, in dialetto “San Job”, protettore dei bachicoltori, attività molto diffusa un tempo. Unica presenza in Valle dei Laghi.
Bibliografia
- D. Mussi, I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
In via San Rocco a Ciago si trova una piccola piazzola con al centro questo capitello.
Edificato originariamente nel 1836 come ex voto per aver liberato il paese dalla peste, venne, nel secolo successivo, demolito e ricostruito con una migliore collocazione.
Alla sua base si trova una lapide, parte del capitello originale, con inciso:
“PIETAS FIDELIUM CIAGI EX VOTO PESTIS EREXIT ANNO D. 1836”
All’interno della nicchia si trovano delle tele realizzate dall’artista Vittorio Bertoldi nel 1947, qui sfollato durante la guerra. Le decorazioni raffigurano San Lorenzo e San Rocco con ai loro piedi le anime dell’inferno; sopra di loro la Madonna con bambino e gli angeli, San Vigilio e San Sebastiano.
È stato restaurato per l’ultima volta nel 1999.
---
Bibliografia:
All'interno del paese di Covelo si trova questo piccolo capitello costruito nel 1934.
Prende il nome dalla statuetta del Sacro Cuore di Gesù che ospita al suo interno.
Gesù infatti, porta un mantello rosso e un grande cuore sul petto.
Con le mani piagate dalle stimmate benedice il passante.
Bibliografia
- D. Mussi, I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
All'ingresso del paese di Covelo è presente questo elegante capitello, costruito dalla nobile famiglia Sizzo nel 1925.
Nella sua nicchia è stata realizzata una riproduzione della celebre grotta di Lourdes, con le statue della Madonna e della pastorella Bernadette.
Bibliografia
- D. Mussi, I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
Dalla strada che da Terlago porta verso Ciago, si trovano questa croce in pietra e questo capitello, uno di fianco all’altro.
Sulla croce, detta "del Casilino", è incisa la data “1793”, con probabilità, fungeva da tappa per le antiche processioni delle Rogazioni.
Il capitello, invece, è stato costruito nel XIX secolo, ed è dedicato a Gesù. Nella sua nicchia sono ritratti due angeli, una serie di svolazzi con grappoli d’uva e un crocifisso ligneo.
Bibliografia:
- “I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
Situato allo storico crocevia dove una volta passava la strada romanda detta “Traversara” che collegava Trento, Riva del Garda e le Giudicarie.
È stato realizzato con materiali di epoche diverse: la copertura ed il pinnacolo sono pietra calcarea locale e sulla facciata sud del pinnacolo è incisa la data “1700”; le 4 nicchie in pietra rossa presentano una lavorazione più moderna e contenevano 4 raffigurazioni sacre andate perdute; il basamento decorato in finti cocci con la malta risale probabilmente al primo '900.
Nel 2007 è stato un po' spostato verso il portale d'entrata di Villa Cesarini Sforza per salvaguardarlo dal traffico.
Nel 2013 le nicchie sono state ridecorate dai ragazzi del Liceo delle Arti “Alessandro Vittoria” di Trento, con la tecnica dello smalto a fuoco, raffigurando i quattro numi tutelari di Terlago: San Pantaleone, S. Anna, San Filippo Neri, S. Andrea Apostolo.
Bibliografia:
Sul lato della strada statale che da Trento porta a Riva del Garda, poco dopo la località “Vecchio Mulino”, si trova questo capitello dedicato a Sant’Anna.
Il capitello in muratura presenta una grande nicchia chiusa da un cancelletto in ferro lavorato, al suo interno è presente un affresco che ritrae Sant’Anna a fianco della Madonna con bambino, insieme a loro sono ritratti anche San Vigilio e San Valentino. L’opera è del 1996, realizzata dall’artista Marco Bertoldi durante uno dei numerosi restauri che hanno coinvolto il capitello.
Sulla facciata del capitello è posta una lapide con l’incisione:
ERETTO L’ANNO 1735
LA MAGNIFICA COMUNITÀ DEL BORGO
DI VEZZANO FECE FARE PER ESSER
STATA LIBERATA
DAL MAL BOVINO
PER INTERCESSIONE DI SANT’ANNA
sotto di essa si trova anche un concio in pietra con incisa la data “9 giugno 1736”.
Grazie a questi simboli si può datare il capitello (1735-1736), e conoscere il motivo della sua costruzione; era stato infatti edificato dai vezzanesi come ringraziamento alla Santa, che aveva dato loro protezione durante l’epidemia bovina che aveva colpito l’intera zona.
Bibliografia:
- “I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
A lato della strada che da Vezzano porta verso Ciago, nei pressi del cimitero, si trova questo capitello incastonato in un muretto.
Il capitello è dedicato alla Madonna, presenta all’interno della sua nicchia una statuina in gesso della vergine; nella parte sottostante è presente una targa in pietra che riporta: “A ricordo della visita di Maria Immacolata alle famiglie di Vezzano – Anno Mariano 1954"; la prima versione era stata costruita, infatti, nel 1954.
Spostato nel 1968 per la costruzione della circonvallazione, poi nel 2006 per la costruzione della rotatoria ed infine, nel 2020, per la realizzazione del marciapiede, ha in parte mutato l’aspetto originale della nicchia.
La sua storia si interseca strettamente con le modificazioni della viabilità vezzanese.
Bibliografia:
Questa edicola, incassata nella parete di un’abitazione di fronte alla maestosa chiesa di Santa Massenza, in Via di Maiano n.33, si presenta come una nicchia che al suo interno ospita un crocifisso ligneo con una statuetta di Gesù Crocifisso.
Sulla parte sottostante alla nicchia, è presente una lapide affrescata che riporta il seguente testo:
MIRATE IL MODELLO ASCOLTATE IL MAESTRO
OBBEDITE AL COMANDO
AMATEVI COME IO HO AMATO VOI.
FA CH’IO SERBI O SIGNOR, COME A TE PIACE
CON IL PROSSIMO MIO L’AMOR LA PACE.
GESÙ MIO MISERICORDIA
MISSIONE DEL NOVEMBRE MDCCCLXIV.
Grazie a quest’iscrizione si può individuare la data della sua collocazione, risalente al 1864.
Bibliografia:
- “I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
Quelli che incontriamo lungo il sentiero nel bosco che da Vezzano porta a Padergnone, sono i ruderi di un’antichissima chiesetta.
Dedicata a San Martino di Tours, nota anche come chiesa “de Pramerlo” (denominazione poco chiara, un’ipotesi è che faccia riferimento a “prato Merlo” o “prete merlo”).
Posta a 493 m di altitudine vanta una visuale che domina quasi interamente la Valle dei Laghi e la Valle di Cavedine.
Quello si trova oggi dell’antica chiesa sono sono alcuni resti e muri perimetrali.
Costruita prima del XIII secolo, fu abbandonata, poi ricostruita e riconsacrata nel 1574. Restaurata nel 1653 è poi stata gravemente danneggiata durante la guerra di successione spagnola del 1703 e nel 1819 ne fu decisa la demolizione trasferendo nella chiesetta di San Valentino in agro la Mensa dell’Altare e la Pala del Santo.
Ora non rimangono che i ruderi.
Curioso come nel 1756 chiesa e piazzale adiacente vennero assegnate ai "Borghesani" di Vezzano, pur essendo sul territorio di Padergnone; disputa del passato visto che ora entrambi i paesi fanno parte dello stesso comune di Vallelaghi.
Bibliografia
- D. Mussi, I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
- Maccabelli Silvano, “Lìmes Làcus. Viaggio nei toponimi padergnonesi. Atlante dei nomi di luogo”, Comune di Padergnone, 2008
- Maccabelli Silvano, “Dalle pietre del fulmine alla festa dei caschi: attualità e storia nell'area padergnonese”, Comune di Padergnone, 2010
- Lucia Grazioli, “Padergnone”, Comune di Padergnone, 1994
A due anni dalla costruzione del teatro di Valle è stata realizzata, in questo luogo rappresentativo dell'intera valle, l'aiuola della pace su iniziativa della scuola secondaria di Vezzano e del Comune di Vezzano all'interno della manifestazione "Tutti i colori della pace" legata al voto di San Valentino.
A pagina 32 del notiziario comunale n. 3 del 2011 gli stessi ragazzi hanno presentato la cerimonia di inaugurazione:
Anello sud del percorso ad otto del sacro del Comune di Vallelaghi, via ruderi di San Martino, in alternativa a quello passante per un tratto della vecchia strada imperiale di fondovalle; ambedue queste proposte partono ed arrivano a Vezzano passando per Padergnone. Questo propone di passare davanti al capitello di Santa Massenza, l'alternativo invece lo salta facendo il paesaggistico lungolago, a voi la scelta. L'anello nord prevede poi il passaggio da Terlago.
La partenza è prevista dall'aiuola della pace nei pressi del teatro di valle a Vezzano e lungo il percorso una particolare attenzione viene dedicata proprio al tema della pace.
La Paganella proietta la sua ombra sulla parte alta della parete Sud del Monte Becco di Corno, un'ombra che disegna un enorme abete, "pézza" in dialetto locale, essa si fa sempre più evidente tra le 10 e le 11 ora solare, per poi affievolirsi e scomparire dopo mezzogiorno. È dunque un orologio solare naturale che, considerati i quasi 2000 metri di altitudine, è visibile in un vasto territorio.
Ai nostri valligiani contadini e pastori, privi di orologio, l'osservazione e l'identificazione di quell'ombra era ovvia e per fortuna non è stata distrutta dalla costruzione della strada.
Il messaggio offerto dall'ombra era per loro chiaro: per i pastori era ora di avviarsi verso casa con le bestie al pascolo, per i contadini era ora della pausa per il pranzo e presto sarebbe arrivato qualche bambino a portare il pranzo. I contadini infatti, se erano lontani da casa, si fermavano in campagna e consumavano il pranzo all'ombra di qualche albero, per poi continuare il loro lavoro senza dover rifare di nuovo la strada. Era invece compito dei bambini e delle bambine portare il pranzo ai genitori.
Così ne parlava Nereo Cesare Garbari in un articolo del 1970 riportato a pag. 13 del notiziario comunale, che invitiamo a leggere:
Sulle falde del Monte Gazza un'ombra che disegna un grande 1, alta una cinquantina di metri, si fa sempre più evidente tra le 9 e le 10 ora solare, per poi affievolirsi e scomparire dopo le 11. È dunque un orologio solare naturale visibile da diversi luoghi del "Pedegagia".
La si può osservare volgendo lo sguardo verso la strada di Ranzo, poco sotto il tracciato appena superata la "galleria" in salita.
Ai nostri valligiani contadini e pastori, privi di orologio, l'osservazione e l'identificazione di quell'ombra era ovvia e per fortuna non è stata distrutta dalla costruzione della strada.
Il messaggio offerto dall'ombra era per loro chiaro: per i pastori era ora di avviarsi verso casa con le bestie al pascolo, per i contadini era ora della pausa per il pranzo e presto sarebbe arrivato qualche bambino a portare il pranzo. I contadini infatti, se erano lontani da casa, si fermavano in campagna e consumavano il pranzo all'ombra di qualche albero, per poi continuare il loro lavoro senza dover rifare di nuovo la strada. Era invece compito dei bambini e delle bambine portare il pranzo ai genitori.
Così ne parlava Nereo Cesare Garbari in un articolo del 1970 riportato a pag. 12 del notiziario comunale, che invitiamo a leggere:
La caverna utilizzata come rifugio durante la seconda guerra mondiale dagli abitanti di Fraveggio è parte della "Batteria Massenza". Progettata nel dicembre 1915, prevedeva un ampio impianto sotterraneo costituito da due casematte per artiglieria e da una casamatta per mitragliatrice, collegate fra loro, che dominavano tutta la Valle dei Laghi nell’area compresa tra Santa Massenza e Vezzano.
Esse sono poi state costruite solo parzialmente e manca il collegamento tra loro.
Quella utilizzata come rifugio è l'unica ad essere accessibile da un sentiero, le altre si aprono solo sul costone roccioso.
Per maggiori informazioni consultare il testo:
Nell’edificio in Via Borgo 34 Bassetti Quintino e figli, trasferiti qui da Naran, avviarono una falegnameria accanto al mulino, che prima di loro era di proprietà Broschek ed era gestito da Faes Emanuele. Per essere il più possibile autonomi nella loro doppia attività artigianale si dotarono di una segheria veneziana e di una piccola fucina munita di forgia con “bot de l’òra” ad uso interno. Le due ruote idrauliche, che fornivano l’energia necessaria alternativamente a tutte le macchine, erano alimentate da una specifica diramazione della Roggia Grande realizzata con una condotta in muratura ed una chiusa ancora funzionante. L’acqua veniva poi rimessa nella roggia senza alcun consumo.
Negli ultimi anni di attività i Bassetti si specializzarono nella fabbricazione di imballaggi per la frutta ed infine, nel 1953, trasferirono la loro attività a Padergnone in via Nazionale 132 dove prima aveva sede un cementificio.
L'apertura a sinistra era il pollaio per le galline ("polinèr"), poi c'era un'apertura per il maiale e il bagno era un semplice buco (ora coperto dal moderno wc). I liquami cadevano direttamente sulla "grassa" (letame) di sotto.
Dato che la camera in casa era troppo piccola per ospitare i genitori, i nonni, la zia e tutti e 7 i fratelli, venne costruita questa casetta dove dormivano i bambini assieme ai genitori sul "paión" "a caf pè", ovvero tutti coi piedi verso il centro.
Come indicano la targa in cemento in facciata e l'iscrizione "C | 1932 | P" (Cesare Pedrotti) sull'architrave della porta, la costruzione risale al 1932, ovvero la data del matrimonio del figlio Albino, padre di Giulio. Il tetto è stato ricostruito verso il 2010.
Il confine è marcato da un muretto a secco; inizialmente la famiglia coltivava vigne, poi quando divennero vecchie, verso il 1975 piantarono prugne per la vendita, ma c'erano anche altri alberi da frutto per autoconsumo: "ciresère", "perèri", "armelini", "fighèri", "pomèri", "perseghèri". Con i pomi facevano le persecche, che mettevano a seccare su un fil di ferro steso sul muro della casa.
Poi si è ritornati alle vigne.
Il qui ritratto Giulio Pedrotti ci racconta che un tempo la fontana non era così infestata dalla vegetazione perchè assieme a suo fratello ogni sabato pulivano l'alveo del piccolo ruscello che scorreva con cucchiai e cazzuole. Anche la boscaglia non era così fitta perchè la legna veniva tagliata per ardere.