La fotografia ritrae una giovane donna in abito elegante alla moda degli anni '20-'30 del 1900.
Lo scatto fu fatto sulla strada principale che attraversava Stravino e sullo sfondo è possibile notare la roccia oggigiorno nascosta quasi completamente dalle case.
La fotografie ritrae Dallapè Bortolo e consorte in uno scatto del 1916.
L'uomo indossa la tipica divisa militare dell'Impero austro-ungarico, mentre la donna l'"abito della domenica".
Sullo sfondo la campagna con alberi da frutto.
I vestiti sono eleganti sia per le signore che per il rematore. Ci sono anche mazzi di fiori, probabilmente si tratta di una gita "fuori porta" in occasione di una festa.
Si riconosce Agnese Bridarolli, moglie di Giulio Dallapè. Le signore sono amiche della famiglia Dallapè, probabilmente appartenenti alla famiglia De Varda o De Vilos.
Lo scatto risale agli anni '30 quando i fratelli Dallapè iniziarono a dilettarsi come fotografi.
Andando alla ricerca di figure femminili del passato, grazie ai ricordi di Elsa Bolognani, abbiamo incontrato Caterina Eccher (nata nel 1893), figura importante per il paese di Vigo Cavedine al tempo in cui la bachicoltura era la principale fonte di sostentamento per molte famiglie. Era lei che portava in paese i seme-bachi e li accudiva fino alla nascita dei bacolini che distribuiva poi alle famiglie interessate alla produzione dei bozzoli.
La fotografia ritrae una donna con un cesto di vimini e un ramo d'uva appena raccolta.
Nella descrizione dell'ingrandimento in formato 30x40 cm, scansionato in questa occasione, appare la seguente frase: "Festa dell'Uva".
La donna fotografata potrebbe essere Armida Dorigatti.
Nella società maschilista di un tempo il fischiare non era considerato adatto a una donna; la donna che fischiava era una che si comportava da maschio, così come la gallina che canta da gallo. Per questo non era una ricchezza per la famiglia, che voleva in casa una donna sottomessa.
L'immagine è tratta da p. 19 del fascicolo
Era frequente che le giovani andassero a servizio dalle famiglie benestanti. Qui vediamo Olga Morandi nella casa privata in cui è stata a servizio per ben 15 anni a Lavis (1927-1942).
Sarina Miori di Lon, detta ”la boara”, poiché era solita guidare il bue, è qui a Vezzano col suo carro tirata in ghingheri per andare a fare la spesa, insieme alla cuginetta Maria (detta Mariotta).
Queste foto dimostrano come anche in tempi recenti a Padergnone si lavoravano a mano le barbatelle, ossia le talee della vite ( "calmi" nel dialetto locale). Se il lavoro in campagna era solitamente prerogativa degli uomini, le fasi da svolgere "in casa" erano di competenza delle donne.
In inverno gli uomini si occupavano della potatura delle viti; i tralci ("sarmentèi") venivano tagliati in pezzi di circa 40 cm, privati delle gemme e conservati in locali umidi.
In febbraio-marzo erano le donne ad innestare ("calmar") per mezzo di appositi coltelli i tralci nel portainnesto.
Gli innesti venivano poi sistemati in casse, coperti da segature, e posizionati in stanzoni riscaldati con fornelli a segatura, dove stavano per circa 40 giorni, nei quali spuntavano radici e foglioline.
Nella prima foto, del maggio 1988, vediamo Agnese Pedrini impegnata nel ("descasar") ripulire dalle segature gli innesti, dietro vediamo le casse impilate. Nella seconda foto, fatta nello stesso momento, vediamo la sorella Anna che pianta gli innesti, anche se questo era un lavoro solitamente maschile. Mentre in origine questi impianti venivano fatti sul limitare dei boschi di Padergnone, in quegli anni, in cui la produzione era già cresciuta, lo si faceva nelle campagne di Riva del Garda, dove c'erano ampi spazi; ora si va nel Veronese.
Le piantine dovevano poi essere curate fino all'autunno, quando gli uomini le estirpavano facendo attenzione a non danneggiare le radici e le portavano a casa.
Toccava poi alle donne selezionarle e legarle in mazzi da 25 pronti per la vendita, che avveniva soprattutto in autunno-primavera. Quelle invendute, come vediamo nella terza foto dell'aprile 1993, venivano di nuovo selezionate, gli si tagliavano le radici e si ripiantavano insieme ai nuovi innesti: erano i cosiddetti "rimessi".
Ora il lavoro viene svolto con l'ausilio di macchine, in serre; è tutto programmato in base alle richieste, più o meno sanno già le quantità e le qualità da preparare un anno per l'altro.
Anna Pedrini ha imparato presto a lavorare le barbatelle a Padergnone ed ha potuto mettere a frutto questa sua competenza guadagnandosi un po' di soldi con il lavoro stagionale a Monticelli Brusati in provincia di Brescia, dove la vediamo impegnata nel lavoro di innesto con le sue colleghe.
A settembre, Angelina, Giannina, Olga, Santa, Rita, Valeria, Angelo e Bepi in pausa durante la vendemmia.
Il carro era il mezzo di trasporto del tempo e le ceste, di diversa forma e dimensione, prodotte artigianalmente, erano i contenitori usati per qualsiasi prodotto.
In primo piano si notano i broccoli.
Fotografia di gruppo che ritrae un gruppo di sorelle nei pressi di Stravino.
Le giovani donne indossano abiti tipici degli anni ‘20-’30, caratterizzati da una linea molto più morbida e pratica rispetto a quelli che erano soliti essere indossati negli anni precedenti.
Questo "giornalino" raccoglie i risultati di ricerche, interviste e studi d'ambiente, che hanno impegnato gli alunni del plesso di Calavino nel corso dell'anno scolastico 1981/82, e, alcune classi, anche negli anni precedenti. È dedicato agli anziani del paese che hanno collaborato con molta disponibilità a questa ricerca.
È stato scritto con macchina da scrivere, illustrato con disegni al tratto dei bambini e distribuito in fotocopia.
Fascicolo scritto con la macchina da scrivere, illustrato con disegno al tratto dai bambini e riportante alcuni interessanti documenti a corredo della ricerca svolta sia su testi, sia incontrando anziani testimoni.
La fotografia ritrae un gruppo di persone durante la trebbiatura. La fotografia riporta la seguente didascalia sul retro: "la machina da bàtter del Toni Galiaz, 1929".
Da sinistra: Dosolina, Toni, Egidio e Marsilio presso la casa dei "Galiazi" a Stravino.
In primo piano il viale dei cipressi che dal Castello di Toblino portava alla dépendance dove un tempo vivevano il fattore e la servitù del Castello. Sullo sfondo una donna. La strada sterrata con muri in pietra era utilizzata anche per raggiungere l'abitato di Ranzo dalla località "Paone".
Piccolo gruppo familiare intento alla pulitura di un mucchio di prezzemolo ammassato sul cassone di un'Ape Car. L'operazione consisteva nella sottrazione delle foglie secche o marce e il raggruppamento delle piante in mazzetti, che venivano poi venduti nei mercati cittadini.
Bolognani Francesco a dorso d'asino trasportava da Dro a Vigo piccole quantità di pane per la comunità di Vigo. Qui lo si vede nei pressi della chiesa di S. Udalrico a Vigo Cavedine.
A seguire si nota una donna che indossa il tipico grembiule da lavoro. Sullo sfondo è presente la chiesa di S. Udalrico dotata di un pronao annesso alla facciata principale che venne abbattuto all’inizio degli anni 60, mentre venivano eseguiti i lavori per la realizzazione dell’attuale strada provinciale.