Non c'è nulla da stupirsi se in una casa ci sono delle discussioni perché "I anèi dela segósta i fa sempre rumor", in altre parole "'na nós en de 'n sac nó la fa gnent, do nós en de 'n sac le fa già rumor".
Due oggetti vicini, come gli anelli di una catena da focolare o le noci in un sacco, facilmente si toccano e fanno rumore. Allo stesso modo due persone che stanno insieme è normale che si sentano, non solo a chiacchierare, ma anche a discutere e magari alzare la voce.
Antonia spiega anche rapidamente come si usava il paiolo sul focolare.
Alla domanda "Come stat?" (Come stai?) la risposta "Cossì cossì, come le dòne senza marì." (Così così come le donne senza marito.) viene così spiegata dall'anziana che la pronuncia: "Se digo "mal" l'è 'na bosìa e se digo "bèn", anca" (Se dico "male" è una bugia, ma lo è anche se dico "bene"), nessun accenno alla seconda parte del modo di dire che la dice lunga sulla condizione femminile di un tempo.
In preparazione dell'inaugurazione del “Parco fluviale della Sarca”, celebrata domenica 14 dicembre 2014 a Sarche, la classe quarta, coordinata dalla maestra Raffaela Zanoni, ha scritto e musicato il “Rap del Sarca”, con l'aiuto di un esperto esterno: Simone Daves.
Qui in allegato troviamo il testo, il ritornello cantato da Simone e la prima strofa in una delle prove del 19 novembre 2014.
Se qualcuno avesse la registrazione della canzone completa, o il video da cui estrapolare l'audio, e la volesse condividere, contatti archiviomemoria@ecomuseovalledeilaghi.it. Grazie.
Attività partecipativa all'interno di un incontro autogestito all'Università della terza Età e del Tempo Disponibile di Vezzano.
L'incontro prevedeva la presentazione dell'Archivio della Memoria della Valle dei Laghi con un momento dimostrativo di una possibile modalità di partecipazione diretta alla creazione di nuovi contenuti.
Seduti in cerchio chiunque poteva prendere la parola dicendo un termine in dialetto trentino, spiegandone o chiedendone il significato. Altri potevano poi intervenire per dare proprie spiegazioni e varianti dello stesso vocabolo. Si passava poi a catena ad un'altra parola seguendo una qualsiasi connessione logica. In assenza di voci collegate chiunque poteva proporre un altro termine, anche pescandolo da un cestino di parole scritte su bigliettini.
Nata a Padergnone (TN) nel 1933, Anna Pedrini ci racconta i suoi ricordi di bambina in tempo di guerra.
Fra gli altri ricordi, rammenta qualche spezzone della canzone Lilì Marleene modificata in tempo di guerra; li riportiamo qui nella speranza che possano richiamare alla memoria di qualcun altro qualche altro pezzo e che lo voglia condividere con l'archivio.
"Svegliatevi milanesi, vengon gli inglesi
a bombardare la gran città...
Come son strani quei confettoni che buttan giù ..."
Prima che il ricordo di Maria Cappelletti detta "Faiòta" di Covelo vada perso, raccogliamo la testimonianza di chiunque la ricordi, pubblichiamo in questo audio le prime quattro voci nella speranza che siano di stimolo per altri che l'hanno conosciuta a condividere i loro ricordi.
Tutte le testimoni ribadiscono la grande disponibilità della Maria Faiòta verso chiunque avesse bisogno, riportando ricordi personali e tramandati in famiglia.
Graziano Eccher parla dei suoi ricordi durante le celebrazioni religiose in chiesa a Vigo Cavedine, durante gli anni '50 del 1900.
Questo contenuto deriva da una video intervista realizzata nel 2019.
Graziano Eccher racconta i suoi ricordi di scuola elementare a Vigo Cavedine, durante gli anni '50 del 1900.
Questo contenuto deriva da una video intervista realizzata nel 2019.
Il “Coro dei Molini” è un canto che ripropone con cadenza ritmico-musicale la potenza dell’acqua della Roggia Grande che si fa sempre più forte. Utilizza per questo le frasi tramandate dalla tradizione associate ai tre antichi mulini del paese: “Dio ‘l te aiuta” al “Mòlin dei Pradi”, “Se ‘l podrà ‘l te aiuterà” al “Mòlin del Pero”, “El pòl se ‘l vòl” al “Mòlin de la Giòana”.
In italiano le tra frasi stanno a dire: Dio ti aiuta. Se potrà ti aiuterà. Può se vuole!
L'intervista alla signora Amelia è stata fatta su invito di Carlo, uno dei bambini coinvolti nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio.
Amelia, classe 1940, ha lavorato alla fabbrica delle noci Bressan di Fraveggio, dal 1955 fino alla chiusura della stessa nel 1965.
Era un lavoro stagionale che occupava fino ad una cinquantina di donne da inizio novembre a fine marzo.
Ci ha raccontato la sua esperienza in lingua italiana ma poi, tornando sull'argomento, siamo passate al dialetto cosicché nell'ultima parte si può sentire la parlata di Vezzano.
L'intervista alla signora Amelia è stata fatta su invito di Carlo, uno dei bambini coinvolti nel "Progetto calendario" che Ecomuseo sta svolgendo con la collaborazione delle scuole del territorio.
Come si vede dall'indice, molte sono le ricorrenze raccontate con trasporto da Amelia, classe 1940.
A parte riportiamo anche il suo racconto sul lavoro stagionale che faceva alla "fabbrica delle noci":
Antonia Zuccatti, classe 1931, ci racconta il suoi ricordi legati ai mulini di Ciago, in particolare al mulino Zuccatti.
Ci riferisce anche di un mulino in una baracca di legno di cui le parlava Natalia Zuccatti classe 1892.
Accenna pure alla presenza di Vittorio Bertoldi, sfollato presso il mulino Cattoni in disuso, che durante il periodo della seconda guerra mondiale ha dipinto le chiese di Ciago e Terlago.
Antonia Zuccatti, classe 1931, ci racconta la sua esperienza di ragazza nel periodo della costruzione della strada e delle gallerie a servizio della Centrale di Santa Massenza, della Messa a Santa Barbara celebrata nella galleria "ai 5 roveri" nei pressi dei vasconi, del lavoro di suo padre e dei molti lavoratori che venivano da fuori, in particolare da Bassano ed Ala, della costruzione della baracca per i lavoratori a Lon, paese affollatissimo di lavoratori, dell'osteria di Ciago, che come le altre piccole osterie di paese nel fine settimana era piena di uomini, sia lavoratori della centrale che provenienti dai paesi vicini.
Antonia Zuccatti, classe 1931, ci racconta la sua esperienza di bambina e giovane donna nell'allevamento dei bachi da seta ("cavaléri") fino alla vendita dei bozzoli ("galéte"), utilizzando anche termini dialettali specifici, citando le località (Ronc, Sorac, Gèra) dove andava a raccogliere le foglie di gelso ("morar") per alimentarli, descrivendo la fatica ed i sacrifici che dovevano affrontare.
Descrive poi le altre fonti di sostentamento e di reddito provenienti dalle coltivazioni di viti, patate, frumento, granoturco, dall'allevamento di mucche, vitelli, capre, galline e conigli, accennando all'attività lavorativa del marito Angelo in malga.
In fondo alla scheda si può accedere ai termini dialettali che Antonia ha utilizzato e che sono inserti nel glossario di questo archivio.
I bambini fanno sentire per due volte la filastrocca in dialetto, che fa parte del gioco omonimo da loro scelto nell'ambito del progetto "giochi e filastrocche al tempo dei nonni" per la pubblicazione sull'albo illustrato edito da Ecomuseo della Valle dei Laghi.
FILASTROCCA
Pé un, pé dó, pé tré
pé quatro, pé zinque, pé séi,
pé sète, pé òto
scarpón moléta
tira endrio quala? Questa.
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TIPO DI GIOCO
Oltre che come conta per stabilire chi inizia un gioco, può essere usato per un gioco di gruppo tranquillo da fermi.
PREPARAZIONE
Mettersi in cerchio con un piede avanti o su un muretto con i piedi penzoloni.
SCOPO DEL GIOCO
Rimanere per ultimo col piede in gioco.
REGOLE DEL GIOCO:
Un bambino recita la filastrocca toccando o indicando a ritmo i piedi dei compagni. Al “questa” viene eliminato dal gioco quel piede. Riparte dal piede successivo e ripete la filastrocca finché rimane un solo piede.
VARIANTI:
Una variante della filastrocca è consultabile a pag. 48 della pubblicazione
I bambini fanno sentire per due volte la canzone, che fa parte del gioco omonimo da loro scelto nell'ambito del progetto "giochi e filastrocche al tempo dei nonni" per la pubblicazione sull'albo illustrato edito da Ecomuseo della Valle dei Laghi.
Questo gioco tradizionale è ancora praticato nelle scuole dell'infanzia della valle.
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TIPO DI GIOCO
Gioco tradizionale di movimento in cerchio.
Può partecipare un qualsiasi numero di giocatori dai 3 anni in poi.
PREPARAZIONE
I bambini si mettono in cerchio staccati l’uno dall’altro. Un bambino sta in centro.
SCOPO DEL GIOCO
Formare tutti insieme un “serpente”.
REGOLE DEL GIOCO:
Il bambino o la bambina che è in centro passa a zig-zag tra i compagni saltellando e canta:
"Questa è la danza del serpente, che vien giù dal monte per ritrovare la sua coda che egli perse un dì!".
Si ferma davanti ad un/a compagna/o e dice:
"Ma dimmi un po’, sei forse tu quel pezzettin del mio codin?".
Se il compagno dice di sì, si attacca alle sue spalle e si riprende il gioco finché tutta la coda è completa.
I bambini fanno sentire per due volte la canzone, che fa parte del gioco omonimo da loro scelto nell'ambito del progetto "giochi e filastrocche al tempo dei nonni" per la pubblicazione sull'albo illustrato edito da Ecomuseo della Valle dei Laghi.
Anche in altre scuole della valle questo gioco tradizionale è stato segnalato ed è ancora praticato in alcune scuole dell'infanzia e primarie.
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TIPO DI GIOCO
Gioco tradizionale di movimento all’aperto. Può partecipare un qualsiasi numero di giocatori.
PREPARAZIONE
Ci si posiziona in semicerchio tenuti per mano. I due bambini alle estremità devono conoscere il gioco
SCOPO DEL GIOCO
Ingarbugliarsi e tenersi collegati ai compagni.
REGOLE DEL GIOCO:
Dialogo fra i due bambini alle estremità:
DX. “È cotto il pane?”
SX. “Sì, ma è un po’ bruciato.”
DX. “Chi è stato?”
SX. Dice il nome di uno dei giocatori
DX. Parte seguito da tutto il gruppo tenuto per mano e passa sotto alle braccia che fanno ponte alla sinistra del bambino chiamato cosicché lui rimane a braccia incrociate e girato verso l’esterno. Mentre si fa questo movimento tutti insieme cantano: “Povero ...(Nome), legato alle catene, soffrirà le pene, le pene da morir.”
Si ripete il gioco, senza mai mollare le mani dei vicini finché tutti sono “incatenati”.
Il gioco può concludersi qui.
VARIANTI
Se a giocare sono bambini più grandi, alla fine anche i due alle estremità si danno la mano e tutti tirano verso l’esterno finché la catena si spezza.
Un'altra variante segnalata in valle è nel finale del canto:
“Povero ...(Nome), legato alle catene, alle dure pene, è costretto a lavorar.”
La registrazione è stata fatta da una telefonata in viva voce parlando di attrezzi di una volta.
Roberto Pedrotti cita e spiega questo modo di dire.
In italiano sta a significare:
Quello te le racconta che non riusciresti a prenderle neppure con le molle per il focolare.
Lo si potrebbe dire di uno spaccone.
Un tempo le condizioni igieniche erano molto precarie, per cui - per iperbole - i pidocchi erano talmente grandi da poter essere ammazzati con i picconi.
Pióve pióvesìna
la gata la va 'n cosìna
la magna i peri còti
la salva i mosegòti
la va 'n piazza
la vende la salata
la compra i ravanèi
adìo bei putèi!