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  • Na dòna per ca', na nós per sac

    Se ci sono due donne che vogliono comandare nella stessa casa finiranno per litigare.
  • En tra na bosìa e na verità se tègn en pè la ca'

    Talvolta, per preservare la pace in famiglia è necessario dire qualche bugia bianca. La fotografia è tratta da questo contenuto:
  • Petizione per ristrutturazione abusiva di una casa a Lasino

    Baldassarre Bassetti, quale tuttore della propria moglie Teresina e della cognata Maria Bassetti, denuncia Gio Batta Bassetti per aver leso i diritti di consortalità e servitù delle sorelle apportando modifiche alla proprietà dominante, quindi gli impone di riportare tutto alla situazione originaria. Apprendiamo che un locale della casa era adibito a bottega di proprietà delle due sorelle. Nel documento si nomina il secchiaio, ovvero l'acquaio (il moderno lavandino). Le misure sono 34 x 42 cm.
  • Trattative di compravendita terreni tra Emanuele Caldini e Baldassarre Bassetti

    Nel secondo documento si fa riferimento a molti toponimi: - al Gaggio - località Sorbel - località alle Giare (alla Barberina) - Rovecchi - Croce del Monte - Barcolo - Turrino (dov'è?) - Chiesura - Dorghelle (dov'è?) - Caviciani - Ronchione - altre Sorte - al Campo
  • Le doti delle figlie di Augusto Bassetti

    Le condizioni prevedevano che in caso di morte della sposa senza eredi i beni di proprietà del padre e dello sposo ritornassero ai rispettivi propietari, così come anche in quest'altra dote:
  • Dote di Lisetta Caldini

    Al n. 3 si menziona la [lana del] tibet
  • Ferro da stiro elettrico marca EFA

    La "femmina" della presa veniva attaccata al ferro mentre il "maschio" alla corrente.
  • Macchina da cucire "Regina Margherita / Renania"

    Macchina da cucire marca Junker & Ruh modello Renania intitolata alla Regina Margherita di Savoia: sul piano infatti c'è una sua fotografia, molto rovinata ma contraddistinta dalla sua caratteristica capigliatura. La datazione è per l'appunto tratta dal periodo del suo regno, prima come "regina consorte d'Italia" (09.01.1878 – 29.07.1900), poi come "regina madre" (29.07.1900 – 04.01.1926).
  • Macinacaffè

    A differenza di altri esemplari presenti in archivio,
  • Dote di Margherita Chistè - 1857

    Margerita era figlia di Cristoforo Chistè del fu Francesco e sposa di Giovanbattista del fu Pietro Bassetti. Ai numeri 4 e 6 troviamo l'orleans, un tipo di tessuto leggero, lucido, di cotone o misto di cotone e lana, come riporta il
  • Sul balcone

    Famiglia sul balcone con ringhiera artigianale in legno. La casa è in sassi a vista, sulla soffitta ci sono le tipiche finestre aperte per arieggiare l'ambiente, dette "bochéri".
  • Paletta

    La paletta di ferro aveva il manico lungo per evitare scottature mentre si cucinava. Veniva all'occorrenza usata anche per mettere le braci nel ferro da stiro e nello scaldaletto.
  • Scaldapiedi

    Contenitore in rame in cui veniva messa l'acqua molto calda. Inserito per tempo nel letto fra le lenzuola preparava caldo il posto dei piedi.
  • Arcuccio

    Arco in legno terminante con due incavi in cui venivano inseriti due secchi per il trasporto a spalla dell'acqua dalla fonte a casa, al tempo in cui l'acqua non era ancora arrivata nelle case (verso il 1950 nella maggior parte dei paesi della Valle dei Laghi ). Su questo arcuccio è incisa la data di costruzione ed una dedica: "1940 A mia cugina Maria per ricordo Gelmo".
  • Trabiccolo con scaldaletto

    Nelle gelide notti invernali con serramenti e pavimenti che isolavano poco e la cucina come unica stanza riscaldata della casa, lo scaldaletto permetteva di coricarsi in un letto caldo e asciutto che così rimaneva a lungo. Il portentoso strumento era formato da un trabiccolo aperto in legno, protetto sulla base da una lamiera di rame, che veniva posto per tempo tra le lenzuola in mezzo al letto. Era chiamato "monega" ed aveva lo scopo di contenere lo scaldaletto e tener sollevato le lenzuola cosicché il calore potesse espandersi ed asciugare l'umidità. Lo scaldaletto era un contenitore in rame in cui venivano inserite grossi braci ardenti. Il coperchio era traforato in modo che le braci potessero ricevere aria e rimanere vive; il manico era lungo per evitare di scottarsi quando lo si andava a posizionare nella "monega". Quando si andava a letto, il tutto veniva appoggiato sul pavimento cosicché continuava a distribuire tepore finché le braci non si spegnevano del tutto. Succedeva talvolta che nel letto matrimoniale uno andasse a letto prima dell'altro e che lo scaldaletto venisse spostato sul lato libero in modo da tener ben caldo quella parte in attesa che arrivasse il ritardatario.
  • Cesta

    Cesta con manico realizzata con rami di nocciolo intrecciati e rinforzata sul bordo con fil di ferro.
  • Scorcio di Cavedine

    La fotografia mostra uno scorcio del paese di Cavedine. Si nota il Santuario della Madonna della Grotta e un gruppo di case situate nel centro storico del paese.
  • Ferro da stiro a braci

    Nel ferro da stiro venivano inserite braci roventi in modo che la piastra si scaldasse per poterlo così usare da stirare.
  • Filatoio

    Il filatoio era la macchina con la quale la donna costruiva il filato a partire da una fibra naturale cardata: lana seta, canapa, lino. La donna allungava un po' alla volta la fibra cardata che teneva in mano e che inseriva nel filatoio. Col piede manteneva in movimento il filatoio cosicché il filato si stirava e si allungava. Grazie al movimento imposto dal filatoio si torceva e si avvolgeva intorno alla bobina.
  • Bilancia a due piatti

    Vecchia bilancia a due piatti di cui uno mancante
  • Macinino

    Vecchio malandato macinino metallico.
  • Arcolaio

    L'arcolaio veniva usato per dipanare le matasse ("ace"). La matassa ("acia") veniva inserita sull'arcolaio semi-chiuso che veniva poi aperto premendo le braccia verso il basso e fissandole con la vite superiore. Trovato il bandolo della matassa, cioè il capo del filo con il quale inizia la matassa, si iniziava a produrre un gomitolo mentre l'arcolaio girava alla velocità data dal richiamo del filo. Anche una bambina esperta in questo lavoro faceva girare molto velocemente l'arcolaio ed in breve tempo la matassa era del tutto dipanata e trasformata in gomitolo. Da qui il detto "Él va come 'n guìndol", "L'è saltà su come 'n guìndol" per sottolineare la velocità dell'azione. In assenza dell'arcolaio la matassa veniva tenuta da una bambina a braccia aperte che doveva seguire l'azione di chi dipanava la matassa muovendo al suo ritmo braccia e mani. La soluzione più lenta consisteva nell'infilare la matassa nello schienale di una sedia e fare da sola. Dipanare le matasse era un tipico lavoro delle donne e delle bambine. Era necessario avere la lana in gomitoli per poi lavorarla ai ferri (come oggi) ed averla prima in matasse per poterla tingere.
  • Macinino

    Questo macinino dalla struttura in legno con la base quadrata dal lato di circa 12 cm è marchiato "Standart".