All'"ingresso" del paese di Fraveggio, si trova questa croce in pietra rossa dalle estremità rastremate, dedicata a San Bartolomeo, realizzata verso il 1948.
Bibliografia
La Roggia di Ciago nasce dalle sorgenti di Valachel a quota 670 e 692 mslm in loc. Mondal e subito alimenta il serbatoio dell’acquedotto irriguo.
Nella sua ripida corsa attraverso il paese, lungo la Val dei Molini, un tempo forniva l’energia idraulica necessaria ad una fucina e cinque mulini ed alimentava due lavatoi, uno accanto al mulino Cattoni e uno sull’attraversamento di Via San Rocco. Ora in quel tratto c'è una vasca di decantazione e da Via San Rocco viaggia intubata fin sotto la strada del Pedegaza, passando anche sotto un edificio. Arrivata sotto il paese scende più tranquilla lungo la campagna. Da quanto risulta dal progetto di completa sistemazione dell’alveo del 1908, l’acqua andava allora in gran parte dispersa prima di unirsi alla sorgente di Nanghel, punto in cui assume il nome di Roggia di Nanghel, la cui importanza risulta dalla Carta di Regola di Vezzano del 1574 (Vedi pag 239-240 Il libro delle acque).
Al suo arrivo a Vezzano la roggia viaggia intubata fino alla nuova rotatoria del 2006 dove è stata deviata e riportata in superficie in un percorso più lungo per oltrepassare la rotatoria stessa, raggiungere il lavatoio davanti alle scuole e continuare il suo viaggio intubata sotto via Roma. Arrivata alla piazza principale di Vezzano, un tempo veniva deviata verso sinistra, intubata superava l’Albergo Stella d’Oro, tornava in superficie negli orti adiacenti a Via Borgo, si univa ad un’altra sorgente, tuttora attiva, e passando per la campagna di Terra Mare si immetteva nella Roggia Grande. Approfittando dei lavori alla rete fognaria, la roggia di Nanghel, è stata poi intubata insieme alle acque bianche sotto via Roma fino agli Alberoni. Attraversata la strada provinciale, ritorna allo scoperto in località Fossati unendosi alla sorgente Fontanele, proprio dove un tempo c’era il grande lavatoio usato dalle donne del Dos. La roggia attraversa la zona artigianale fra nuovi alti argini in pietra per poi immettersi nella Roggia Grande in località Acque Sparse, prima che essa riattraversi la strada provinciale nel suo viaggio verso Padergnone.
Informazioni tratte da:
Nella zona di Cavedine, da sempre rurale, legata alla tradizione contadina, abbiamo previsto un percorso che ricordi l'antica tradizione delle rogazioni. Le ROGAZIONI erano processioni, ora scomparse, che (accompagnate da speciali litanie) avevano lo scopo di propiziare l'esito del raccolto e di proteggere gli abitanti dalle folgori, dalla tempesta, da malattie, fame e guerra. (Fino agli anni '50 del secolo scorso la pratica secolare della benedizione delle campagne era cosa consolidata). Il punto di partenza di queste processioni era la chiesa parrocchiale e ogni giorno veniva seguito un percorso differente, che giungeva fino ad un punto prestabilito, un luogo significativo del territorio della parrocchia: una cappella, un'edicola votiva o una croce in mezzo ai campi. Il percorso si snodava per diversi chilometri ed era studiato in modo che tutto il territorio della parrocchia potesse essere raggiunto e protetto.
Proponiamo qui un percorso ad otto che passi per le 4 chiese parrocchiali e per molti punti sacri. Esso potrà essere spezzato in due parti ed i due anelli, di circa 6 chilometri ciascuno, seguiti indipendentemente l'uno dall'altro, magari facendo l'anello Nord più impegnativo a piedi e quello sud più tranquillo in bici.
Potete avere ulteriori informazioni sulla pagina dedicata a questo percorso:
All’incrocio in cui Via San Rocco si ricongiunge alla strada provinciale, si trova questa caratteristica croce lignea, eretta verso la metà del secolo scorso.
Posta su un muretto in pietra, presenta una statuetta di Gesù, e sotto di essa, un bassorilievo in gesso raffigurante la Pietà.
Bibliografia:
A lato della strada provinciale che porta nel paese di Terlago, è presente questa croce in pietra, recentemente ricostruita, che prende il nome dalla località in cui si trova: Braidón.
Nel punto in cui è posta, prima delle bonifiche agrarie dell’800, si trovava un piccolo lago, alimentato dai corsi d'acqua della piana, noto come "Lago Minore" o "Lagamenor".
Bibliografia:
- pag. 19
Di fianco all'edificio che ospitava il mulino Cattoni si vede il letto della derivazione ripulito ed un'ampia concrezione di travertino, qui chiamato tufo, laddove passava il canale di derivazione che portava l'acqua sopra la ruota, attraverso un canale mobile in legno chiamato "doccia".
"El travài" era stato realizzato dopo la chiusura della fucina Lucchi verso la metà degli anni '40 del Novecento dall'associazione dei contadini di Ciago. Essendo un paese contadino, essa riuniva tutte le famiglie; aveva altri macchinari in comune così come aveva fondato il caseificio sociale, il consorzio irriguo, il negozio cooperativo e il consorzio elettrico.
Avere in paese questo importante strumento permetteva di chiamare periodicamente a Ciago il maniscalco evitando di dover portare tutti gli animali a Vezzano per la regolare ferratura.
Negli anni '60 l'uso è diventato sempre più saltuario fino a diventare uno strumento di gioco dei bambini, poi una tettoia ed infine è stato demolito.
Questo pestino in pietra (pila) del mulino Zuccatti ha due cavità. Grazie all’energia impressa dalla ruota idraulica, due pali di legno con punta in metallo si muovevano alternati su e giù nel pestino senza toccare il fondo ma muovendo vorticosamente i chicchi di orzo o di altri cereali liberandoli così dalla buccia, operazione chiamata pilatura.
Questo pestino in pietra (pila) del mulino Zuccatti ha una sola cavità. Grazie all’energia impressa dalla ruota idraulica, un palo di legno con punta in metallo si muoveva su e giù nel pestino senza toccare il fondo ma muovendo vorticosamente i chicchi di orzo o di altri cereali liberandoli così dalla buccia, operazione chiamata pilatura.
Tra le macine dismesse dal mulino Zuccatti e abbandonate lungo strada privata che porta al sentiero della "Val dei Molini" ancora due sono ancor oggi (2021) ben identificabili ed una è stata recuperata ed utilizzata come elemento di decoro in una casa privata valorizzando e ricordando l'antica attività molitoria che lì si conduceva.
Questa lastra di pietra fungeva da ponte lungo il sentiero della "Val dei Molini" sopra la derivazione a servizio dei mulini. Si trova poco sotto l'attuale ponte in legno che attraversa la roggia.
Una paratoia a monte permetteva di limitare l'afflusso dell'acqua nella roggia e deviarla nella derivazione a servizio del mulino di legno scomparso e poi a catena dei mulini Zuccatti, Eccel, Cappelletti, tutti forniti di ruote idrauliche del tipo a cassetta, mosse dall’acqua condotta dalla “doccia”, un canale mobile in legno posizionato in modo da formare una cascata ed imprimere così sufficiente forza alla ruota anche in presenza di rogge come questa con una portata limitata.
Il mulino Eccel, accuratamente segnalato nel catasto asburgico del 1860, apparteneva alla famiglia di Giuseppe Eccel ed ha smesso la sua attività nei primi anni Quaranta del Novecento.
All’esterno è stato posizionato l'antico pestino in pietra da due cavità lì utilizzato. Grazie all’energia impressa dalla ruota idraulica dei pali di legno con punta in metallo si muovevano su e giù nei pestini, muovendo i chicchi dell’orzo o altri cereali liberandoli così dalla buccia.
Il mulino Zuccatti accuratamente segnalato nel catasto asburgico del 1860, apparteneva alla famiglia di Bernardo Zuccatti. Ha chiuso l'attività già prima del 1880, non essendo segnalato fra i tre presenti a Ciago nella «Relazione statistica della camera di Commercio e d'Industria in Rovereto per l'anno 1880», ma la ruota è rimasta lì fino al 1952, quando se n'è fatto legno da ardere.
Percorrendo la “val dei Molini” si notano frequenti tracce della presenza di questa attività molitoria: la pietra che faceva da ponte sopra le derivazione, alcune macine e un pestino.
Le macine, a causa dell’usura, venivano sostituite e spesso utilizzate come materiale di costruzione oppure abbandonate dove non disturbavano, in questo caso a bordo strada. Una delle vecchie macine è stata valorizzata come elemento decorativo nel giardino di una nuova costruzione.
L'antico pestino in pietra dei Zuccatti aveva una sola cavità. Grazie all’energia impressa dalla ruota idraulica un palo di legno con punta in metallo si muoveva su e giù nel pestino, muovendo i chicchi dell’orzo o altri cereali liberandoli così dalla buccia.
Un ponte metteva in collegamento diretto il sentiero soprastante con la soffitta sul retro della casa; al suo fianco c'era la canaletta in legno della derivazione che portava l'acqua sopra la grande ruota posta dove ora c'è la finestra. Tra la porta e la ruota c'era una un'alta lastra di pietra che impediva agli schizzi di bagnare l'entrata dell'edificio. Osservando la casa, anche se manca ora di tutti questi elementi, li possiamo ricostruire mentalmente.
Particolarmente preziosa per poter ricordare questo mulino è la testimonianza di Antonia Zuccatti dal minuto 3:40 al 5:56 qui presente:
Di questo mulino ci sono giunti solo ricordi tramandati per cui non sappiamo datarne l'esistenza.
Per quel che ne sappiamo si trovava tra il Mulino Cattoni ed il Mulino Zuccatti, era in legno, macinava la farina, sfruttava una derivazione che poi andava ad alimentare anche i mulini sottostanti e probabilmente apparteneva alla famiglia Zuccatti ancora oggi proprietaria del terreno.
Percorrendo la “Val dei molini”, proprio sopra il ponticello che attraversa la roggia è ancora presente una delle macine per metà sporgente dal suolo e subito sotto il ponte una lastra di pietra testimonia il luogo esatto dove passava la derivazione.
Nel luogo dove si trova la macina c'è un pezzetto piano che, secondo i ricordi tramandati, ospitava appunto il mulino. Poco sopra giace una grande pietra incavata.
Particolarmente preziosa per poter ricordare questo mulino è la testimonianza di Antonia Zuccatti dal minuto 1:59 al 4:20 qui presente:
Il mulino di Valentino Lucchi, un alto edificio eretto con muri in pietra, era situato un tempo all’altezza della “curva del feràr” località posta nella parte alta del paese sulla strada che porta in loc. Mondal. Ricordato dagli anziani del paese, l’opificio ospitava una vecchia fucina, demolita al termine degli scontri bellici. Questa fu inaugurata sicuramente dopo il 1860, come dimostrano le linee tratteggiate rosse presenti nella mappa catastale asburgica disegnata in quell’anno.
All’interno dell’edificio c’era il maglio collegato alla ruota idraulica, il cui martellio acuto si sentiva fino in Gazza, la forgia alimentata dalla “bot de l’òra”, l’incudine e tutta la strumentazione tipica dei fabbri. All’esterno c’era il “travai” per la ferratura di buoi e cavalli di cui si servivano quelli di Ciago ma anche dei paesi del vicinato; al tempo una strada proveniente da Covelo e Monte Terlago arrivava a Ciago poco sopra la “curva del feràr” e nella “val dei molini”.
Per garantire un più costante e forte afflusso di acqua alla ruota idraulica, fu costruita poco sopra una vasca di carico dotata di dimensioni considerevoli (larga 3 m, lunga 1,5 m e profonda 70-80 cm) alimentata dal rio Valachel e collegata a un canale di legno chiamato “doccia” che faceva cascare l’acqua sulla ruota.
I ragazzi del tempo usavano la “vasca del feràr” per divertirsi e fare il bagno. Ci racconta Ivo Cappelletti che una volta, uscito dalla vasca, non ha più trovato le sue scarpe, qualcuno gliele aveva portate via. Le scarpe erano un bene prezioso, se ne possedeva un unico paio, alla domenica si passavano con la fuliggine in modo che tornassero belle nere.
Valentino saliva da Vezzano al mattino e tornava a casa la sera; a mezzogiorno uno dei suoi famigliari gli portava il pranzo. Forse la presenza di un fabbro di Vezzano a Ciago è legata al fatto che sua madre, Albina Zuccatti, era proprio originaria di qui.
Verso la metà degli anni Quaranta del Novecento chiuse questa attività; c’è chi lo ricorda scendere col carro pieno della sua attrezzatura e del legname ricavato dallo smontaggio del tetto.
I nuovi proprietari del terreno demolirono poi il rudere inutilizzato per non dover pagare le tasse. Sulla curva del feràr ora non rimane nessuna traccia della fucina.
L’officina di Valentino Lucchi proseguì poi la sua attività a Vezzano, nella casa di famiglia all’incrocio tra via Borgo e via Ronch, coi figli Mario, Elio e Bruno Lucchi e l’uso di macchinari elettrici. Rimontarono a Vezzano il “travài” poco lontano dal loro laboratorio, nello slargo dei Tecchiolli accanto all’attuale parco giochi. Nel 1959 i contadini di Ciago si dotarono, attraverso la società che gestiva il locale caseificio, di un proprio “travài” che posizionarono nella stradina dietro al caseificio stesso: era più semplice far arrivare lì il maniscalco che portare tutti gli animali a ferrare a Vezzano.
Poco distante dall'edificio che ospitava il mulino Cattoni si vede il corso naturale della roggia; accanto alla casa: il letto della derivazione, una ampia concrezione di travertino, qui chiamato tufo, laddove passava il canale di derivazione che portava alla "doccia", il perno di una delle ruote idrauliche.
In questo percorso nel Sacro del Comune di Madruzzo vi è la particolare e ripetuta presenza dei principi vescovo della casa Madruzzo. Cristoforo Madruzzo è nato a Castel Madruzzo il 5 luglio 1512 e poi è diventato Principe Vescovo di Trento, succedendo a Bernardo Clesio [a soli 27 anni nel 1539 ], a lui sono seguiti Giovanni Ludovico e Carlo Gaudenzio, mantenendo il principato fino al 1658. Hanno lasciato il loro segno innanzitutto alla cappella interna al castello, purtroppo raramente visitabile, in cui è raffigurata la storia degli stemmi dei Madruzzo, ma anche alla cappella nella chiesa di Calavino; particolarmente importante è stato il loro legame con la chiesetta al Corgnon di Calavino e la chiesa di S. Maria Lauretana a Castel Madruzzo.
Potete avere ulteriori informazioni sulla pagina dedicata a questo percorso:
Così chiamato per il cognome dei proprietari, è dedicato al Crocifisso e porta all'esterno questa scritta: “Michele Angelo Levri, e figli, eressero questo capitello, per devozione nell’anno 1834, dipinto li 17 luglio 1836”.
Degli antichi dipinti rimane quello sulla volta, un Padreterno, chiuso in
un ovale di fiori che, a braccia allargate, benedice il passante.
Il Cristo Crocifisso fra le Pie donne, è invece stato ridipinto sull’originale antico
dal pittore G. Groff nel 1979 nel corso di un restauro dell’edicola. Le
pareti laterali interne sono coperte da uno strato di calce bianca.
Realizzato tra il paese e il cimitero tra il 1850 ed il 1852 quale ex voto per essere stato Brusino liberato dal colera che imperversava in valle nel 1836 mietendo molte vittime. Nel 1923 in occasione della costruzione della nuova strada Cavedine-Drena furono invertiti di posto porta e altare.
L'ultimo restauro risale al 1994, nelle nicchie esterne vennero dipinti da Arnaldo Barozzi: una Madonna Addolorata e San Rocco che veglia su un morente.
Bibliografia:
- D.Mussi. i segni del sacro nella Valle dei Laghi, Tione 2012
Collocato all'esterno del paese di Stravino, lungo la strada, troviamo questo capitello.
Eretto nel 1797, per ex voto in seguito ad un'epidemia che provocò nella parrocchia 108 morti. Fu rifatto nel 1836 in seguito ad un'epidemia di colera e dedicato alla Pietà. Per esigenze di viabilità nel 1935 fu riedificato spostandolo (prima era sulla sinistra del bivio che sale in paese) e poi fu restaurato più volte negli anni a seguire.
Nella sua nicchia ospita un bassorilievo ligneo che ritrae la Pietà.
Bibliografia:
Questo capitello, dedicato alla Crocifissione di Gesù, si trova sull’antica strada che collega Santa Massenza e Fraveggio.
Posto al centro del muro che sorregge la via, con la sua forma a capanna, ospita all’interno della sua nicchia un quadro, danneggiato dal tempo, raffigurante la crocifissione di Gesù, realizzato da un artista anonimo, da cui prende il nome di “Capitello del Crocifisso”.
Bibliografia:
Di fronte alla centrale idroelettrica, lungo la strada che collega Padergnone e Santa Massenza, si può notare questo capitello dedicato alla Santa.
La prima costruzione di questo capitello risale alla fine del 1800 ed allora era situato vicino all’omonimo lago.
Con la costruzione dell’imponente centrale idroelettrica era stato invaso dall’acqua e così, nel 1953, è stato demolito e ricostruito con gli stessi materiali dell’originale nel luogo in cui lo troviamo ancora oggi.
Nella sua nicchia si può ammirare l’affresco che ritrae Santa Massenza, al centro, con al suo fianco San Domenico, a sinistra, e San Rocco, a destra; opera realizzata dal pittore rivano Lazzeri.
Bibliografia:
- “I segni del sacro nella Valle dei Laghi”, Tione, 2012
Posto vicino alla vecchia Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in origine, e fino al 1969, era situato a bordo strada; successivamente è stato sposato in un angolo della piazzetta per fare spazio ai materiali di scarto provenienti dalla costruzione della nuova Chiesa della Madonna della Pace.
Questo monumento è stato realizzato dall’artista Mansueto Ceschini di Lasino, su disegno del padergnonese Rebo Rigotti.
Lo scopo dell’opera, oltre a ricordare le vittime della guerra, era quello di ricordare alle nuove generazioni l’orrore del conflitto, con la speranza di non intraprendere altre attività belliche.
Il monumento, costruito nel 1921, alla fine della Prima Guerra Mondiale, si presenta come una colonna in pietra rosa, posta su tre scalini, con in cima una scultura in bronzo della fiamma eterna. Sui lati dell’opera sono riportate le targhe in bronzo decorate, con incisi i nomi dei paesani morti o dispersi nella Prima Guerra Mondiale, aggiornate poi negli anni ’50 con i nomi delle vittime del Secondo Conflitto Mondiale.
Su uno scalino in pietra è presente anche una piccola cassetta in ferro riportante l’incisione “Terra di Nikolajewka - 1989” che vuole rappresentare le vittime trentine che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno perso la vita durante la sanguinosa battaglia a Nikolajewka, sul fronte russo.
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Bibliografia: