Questo articolo riprende e sintetizza il testo pubblicato all’interno del catalogo della mostra Viaggi e incontri di un artista dimenticato. Il Rinascimento di Francesco Verla, a cura di Domizio Cattoi e Aldo Galli (Trento, Museo Diocesano Tridentino, 8 luglio-6 novembre 2017). All’intero volume si rimanda per ogni approfondimento sulla vita e sull’opera del pittore e per ulteriori riferimenti bibliografici.
Le fotografie sono state gentilmente concesse dal Museo Diocesano Tridentino.
Questa pubblicazione riporta una omonima pubblicazione del 2002 integrata con interessanti note archeologiche relative anche ai ritrovamenti del 2012 grazie agli scavi fatti in occasione dell'opera di restauro del santuario.
Nella foto è esposto San Lorenzo, patrono del paese festeggiato il 10 agosto; essa è perciò stata fatto in prossimità di quel giorno. Sono presenti gli elementi che caratterizzavano le chiese prima del concilio vaticano secondo (1962-65): il pulpito destinato alla predicazione, le balaustre che delimitavano il presbiterio, l'altare verso il quale il parroco celebrava la messa dando la schiena ai fedeli.
Foto scattata a ricordo della venuta della Madonna Pellegrina a Ciago.
Posta sulla portantina sul presbiterio, subito oltre le balaustre circondata da fiori e illuminata da un grande lucernario realizzato ad hoc dai fedeli con l'uso delle carte veline colorate.
Si vede appena il vecchio capitello di San Rocco dietro Mario, Noemi ed il loro piccolo Bepino (1938-1945), ma ne testimonia l'esistenza. La lapide che si intravede nel basamento, documenta che era stato costruito "PIETAS FIDELIUM CIAGI EX VOTO PESTIS EREXIT ANNO D. 1835". Oltre un secolo dopo verrà demolito e ricostruito dall'altro lato della strada in uno slargo realizzato per ospitarlo.
Renzo, Mariuccio, Giorgio, Elvio, Giordano, Danilo, Carla, Maria Luisa ed Emmanuele in posa per la foto della loro prima comunione in tempo di guerra.
Le bambine portavano un lungo vestito bianco ed il velo bianco, una anche i guanti bianchi.
I bambini avevano pantaloni e giacca con una fascia bianca intorno al braccio sinistro.
Come si può notare il piazzale della chiesa non aveva ancora i muretti di recinzione.
Nella prima fotografia si nota la presenza delle due casa INA; nella seconda la sede in piazza della Famiglia Cooperativa ed il negozio Benigni ristrutturato; nella terza la presenza del pulpito, delle balaustre, dell'altare unico sul presbiterio ed è esposta la Madonna; nella quarta i muri di delimitazione della strada verso Ciago.
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Una copia della stessa cartolina è presente con l'identificativo Ve-43 presso:
Cartolina non viaggiata 9 x 13,5 cm con fascia bianca in basso.
In questa foto possiamo notare che in luogo dell'attuale porta d'entrata c'era una finestra.
Questa parte della chiesa, che si vede a sinistra del campanile, costituisce un'aggiunta all'edificio risalente al 1924, ma qui riporta già i segni del tempo per cui è certamente successiva almeno di qualche anno.
L'attuale porta è stata aperta in occasione del secondo ampliamento, verso destra, realizzato nel 1948, che da questa angolatura non si vedrebbe comunque. Anche nella seconda aggiunta è stata aperta una nuova porta cosicché uomini e donne usavano porte diverse per raggiungere la parte della chiesa a loro destinata. Un tempo infatti nelle chiese gli uomini utilizzavano le bancate di sinistra e le donne quelle di destra, mentre i bambini stavano nei banchi davanti.
In queste foto si vede come l'abito bianco, seppur corto, abbia raggiunto anche i nostri paesi. Lo ha realizzato la sposa stessa usando per la prima volta il bianco; diverse spose le hanno poi richiesto modelli in bianco.
Molti fiori decorano la chiesa.
Il parroco celebra la messa dando la schiena ai fedeli come era d'uso prima del Concilio Vaticano II (1962-65).
Alle balaustre, che separavano il presbiterio dalla navata, si inginocchiavano i fedeli per ricevere la comunione; ora sono custodite ai lati della navata.
La foto ritrae la processione della Madonna Addolorata. Era appena stato costruito il muro di sostegno del piazzale della chiesa e la ripida strada selciata di accesso era intervallata da scalini.
In primo piano gli uomini della confraternita portano una lunga tunica rosso scuro, i giovani che portano la Madonna indossano invece una tunica bianca con mantellina e cinto azzurri, le ragazze che seguono col cero hanno vestito e velo bianco.
Come si può notare da questa foto panoramica al tempo Vezzano era completamente circondato da vigneti.
La strada Trento-Riva passava per il centro abitato ed al bivio nord per Ciago era presente una grande croce lapidea lì posata nel 1851.
Sono presenti ambedue le case INA, una sulla strada di Fraveggio e una su quella di Ciago. Le case INA (Istituto Nazionale delle Assicurazioni ) sono state costruite in tutto il territorio nazionale tra il 1949 e il 1963 con un intervento dello Stato italiano per favorire il rilancio dell'attività edilizia, l'assorbimento di un considerevole numero di disoccupati e la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito.
Possiamo notare anche la presenza del campo da calcetto parrocchiale dietro la chiesa e la presenza di alcune case nuove nelle aree periferiche del paese.
La fucina Morandi si occupava della lavorazione del ferro ed aveva annesso il “travai”. All’interno di questo edificio il tempo si è fermato, la fucina rimodernata negli anni ‘40 per convertirla all’uso dell’energia elettrica ha funzionato fino agli anni ‘60, poi i Morandi continuano ancor oggi la loro attività di fabbri in spazi più adeguati sempre a Vezzano. Dopo mezzo secolo di abbandono si vedono ancora tracce delle parti esterne (ruote idrauliche, doccia, tromba idroeolica) e diversi macchinari presenti all’interno sono ancora lì insieme ad ingranaggi, pulegge e cinghie che permettevano di utilizzare di volta in volta la macchina desiderata.
Il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui:
Non sappiamo quando la lavorazione del rame ebbe inizio a Vezzano, è certo però che verso il 1922 essa era fiorente tanto che richiamò da Trento il ramaiolo Pietro Manzoni con i figli Antonio e Alfredo, originari di Vicenza, in qualità di dipendenti del signor Locchi, proprietario della locale fucina. Dopo una breve permanenza a Vezzano, i Manzoni si spostarono sulla roggia di Calavino per avviare un'attività in proprio. Verso il 1927 il Locchi vendette ai Manzoni il Iaboratorio artigianale. Nel 1975 i magli, mossi dalla grande ruota idraulica, batterono i loro ultimi colpi. lniziò così anche per i Manzoni l'era dell'energia elettrica, con macchinari moderni e partendo da fogli di rame bell'è pronti.
Il sito di Ecomuseo con gli approfondimenti è raggiungibile qui:
Cartolina non viaggiata.
Didascalia: Vezzano - Chiesa arcipretale - Mosaico di Marco Bertoldi - 1963.
Alla base del mosaico stesso si può leggere: ANNO DOMINI MCMLXIII - PAULO VI PONT. - M. BERTOLDI.
Prima della realizzazione del mosaico sulla lunetta era impressa in grande la scritta ora riportata nel mosaico: TEMPLUM HOC ANNIS 1904 - 1909 ERECTUM SANCTIS VALENTINO ET VIGILIO DICATUM EST, come si può osservare in altra foto presente in archivio:
Cartolina non viaggiata. Riporta la descrizione: Padergnone m. 286 - Trentino - La Chiesa".
Scorcio della chiesa curaziale antica padergnonese dei santi Filippo e Giacomo di prima fabbrica risalente almeno al 1520, raffigurata sul lato meridionale con l'affresco del San Cristoforo e il campanile, a valle del gruppo del Gazza coperto di neve.
Davanti alla chiesa, il vecchio Monumént dei Caduti, ora spostato sul lato est fuori campo dell'edificio sacro; fra la chiesa e casa Walzl, l'antico portico del Lunèl, ora demolito e recante l'alloggio per il vecchio albo comunale.
A sinistra, l'altura protourbana dei Crozzòi, sostenuta dall'alto muro, edificato intorno alla metà dell'Ottocento per far posto al primitivo tracciato dello Stradon, e ospitante un rudimentale traliccio di legno per la corrente elettrica che fa da contraltare a quello più moderno che s'intravede alla sua destra.
Questi "pali della luce" del 1921 sono una preziosa testimonianza dell'operosità dei nostri avi che realizzarono la rete di distribuzione dell'energia elettrica in paese costituendo il Consorzio Elettrico di Padergnone, investendo risorse proprie e molto lavoro di volontariato, compreso quello di andare nei boschi a tagliare il legname necessario, trasportarlo e piantarlo lì dove serviva, per poi passare tutto all'Enel nel 1964 con un indennizzo irrisorio per quanto realizzato.
Oltre il paese, il grande traliccio dell'alta tensione per il trasporto dell'energia anche fuori regione, ci testimonia la presenza della Centrale Idroelettrica di Santa Massenza entrata in funzione nel 1952.
Da queste informazioni si desume la datazione approssimativa della fotografia.
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Una copia della stessa cartolina è presente con l'identificativo Pa-37 presso:
Il cementificio di Padergnone, sorto nel 1902 per volontà di Giuseppe Miori e del suo socio Graffer, frantumava le marne estratte dalla vicina Lasta dei Conti, dapprima a suon di mazza, poi avvalendosi di magli azionati dalla forza motrice dell'acqua della Roggia Grande. Nel 1924 venne installata una turbina (utilizzata inizialmente a turno con il Nuovo Mulino Miori) che trasformava l’energia idraulica in elettrica per: scaldare il forno, cuocere le marne, frantumare le pietre con la macina e perfino illuminare le abitazioni vicine. L’opificio, venduto nel 1943 alla famiglia Bassetti di Vezzano, fu adattato alla produzione di legname da opera e di imballaggi. Quest’attività andò scemando negli anni successivi portando alla sua chiusura negli anni ‘60– ‘70 del Novecento.
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Bibliografia:
Per approfondimenti si invia alla lettura di pag. 371, 379 383-388,394 del testo qui consultabile:
Il percorso degli antichi mulini di Padergnone si snoda principalmente a partire dall’incrocio tra via XII Maggio e via San Valentino, attraversa i Vòlti dei Caschi, segue via Montagnola ed infine percorre via di Pendè. Lungo questo itinerario il visitatore può leggere i pannelli dedicati, scoprire la storia degli antichi opifici del paese e notare le differenze esistenti tra gli antichi edifici e quelli odierni.
Sono stati collocati sei pannelli illustrativi che descrivono le caratteristiche e le vicende dei seguenti stabili: “mòlin dei Pradi” e la sega del “tòf”, “mòlin del Pero”, “mòlin de la Giòana” e le pescicolture Miori, Nuovo Mulino Miori ed infine cementificio Miori (trasformato nell’ex segheria Bassetti) ed il perduto opificio della famiglia a Prato.
Nel corso dei secoli a Padergnone furono sicuramente attivi 4 mulini e 5 opifici costruiti lungo il corso della roggia che attraversa ancora oggi il centro abitato. Nel 1881 la Camera di Commercio e d’Industria di Rovereto testimonia la presenza di 3 mugnai attivi a Padergnone.
Diverse testimonianze si possono rintracciare e ricavare anche dalla lettura e dall’analisi delle leggi, diretta espressione dei bisogni e della necessità di regolamentare lo sfruttamento delle risorse naturali del territorio. È interessante ricordare in particolare l’articolo 78, presente nella copia posteriore della Carta della Regola del XVII secolo, che prevedeva la deviazione della roggia dal naturale corso sui prati, nei giorni festivi, da “un vespero ad un altro”. In tale periodo di tempo, era infatti proibito ai mugnai di far refluire l’acqua nel suo letto, per garantire il movimento della ruota del mulino, a meno che un Vicino non si trovasse nell’urgente bisogno di macinare il proprio grano.
La popolazione di Padergnone, ispirata dalla fede e dall’importanza socio-economica dei mulini, ha creato ed attribuito dei proverbi ai tre più antichi opifici del paese. Al “Mòlin dei Pradi” è stata associata la frase “Dio ‘l te aiuta”, al “Mòlin del Pero” il motto “Se ‘l podrà ‘l te aiuterà” ed al “Mòlin de la Giòana” il detto “El pòl se ‘l vòl”. Queste espressioni, pronunciate più volte a voce alta, imitano la velocità stessa della roggia che da lenta diventa sempre più rapida.
La tradizione locale ha riportato questi proverbi nel “Coro dei Molini”, un canto che ripropone con cadenza ritmico-musicale la potenza dell’acqua della Roggia Grande.
Si ringraziano per le preziose testimonianze e la collaborazione: Assunta Mauro, Pierluigi Daldoss, Maria e Valentino Sommadossi, Claudio Miori ed Ezio Bressan.
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Bibliografia:
Questa cartolina ricorda una solenne cerimonia religiosa in cui i fedeli portano lunghe candele. Si nota la presenza di tre preti, davanti a loro il coro esclusivamente maschile, dietro di loro una bambina con un mazzo di fiori e un uomo con un gonfalone abbassato. Sotto lo stemma sabaudo il portone è aperto e ornato da due grandi drappi.
Non abbiamo informazioni certe su questa foto per cui possiamo fare solo ipotesi.
Potrebbe essere una processione ferma nei pressi di uno degli altarini che venivano costruiti tradizionalmente in ogni piazza in occasione delle processioni eucaristiche, che seguivano proprio questo itinerario.
Potrebbe essere un funerale partito proprio dalla casa con lo stemma sabaudo. Un tempo era d'uso in alcuni paesi della nostra valle che ogni famiglia partecipante ad un funerale ricevesse una lunga candela. Arrivati a casa, essa veniva tagliata in parti ed utilizzata per illuminare la casa e nel contempo ricordare il defunto.
Riguardo la localizzazione, è riconoscibile lo stesso scorcio già descritto nella foto
Candida Gentilini muore nella canonica di Calavino il 6 aprile 1891, dove viveva col fratello mons. Luigi Gentilini.
La memoria ricorda anche il fratello Augusto, cappellano di Lasino, morto nel 1871 "nella robusta età di XXXXI anni".
Il trigesimo è un rito funebre nel trentesimo giorno dalla morte del defunto.
Da notare che si fa riferimento a "Masi Lasino" e "Sarche Masi" in quanto "Pergolese" è un neotoponimo che appare ufficialmente per la prima volta il 23 agosto 1968 nel decreto provinciale n° 1568 R/B. Prima di questa data il nome ufficiale del paese era proprio "Masi Lasino".
Memoria in cartoncino rigido piegato a metà.
L'interno verticale contiene la foto ovale incollata sulla memoria in un apposito spazio decorato e la descrizione della sua vita religiosa.
L'esterno invece è orizzontale.
Così è stato ricordato nella sua memoria:
"Prelato domestico di SS Leone XIII, Cavaliere dell'ordine di Francesco Giuseppe, membro dell'o. r. Accademia degli Agiati, cittadino onorario di Arco Dro-Ceniga Terlago Vigolo Baselga e Lasino, per più anni Deputato alla Dieta e al Palamento.
Nato il 22 febbr.1812 Prete dal 23 sett.1834 fu Coop. a Castelnovo Parroco a Lizzana Decano per anni quarantasei a Calavino ove morì il 18 giugno 1900."